di Palmira Mancuso – Carola Rackete, la Capitana di Sea Watch, ha deciso di forzare il blocco nell’anniversario della morte di Don Milani, quasi un monito per ricordarci che “l’obbedienza non è più una virtu'”. Lei probabilmente non lo sa, dal mare la realtà è molto meno “ideologica” di come viene interpretata da terra. Quattordici giorni avanti e indietro lungo la linea di confine delle acque territoriali sono un tempo lunghissimo, per l’equipaggio ma soprattutto per dei naufraghi che oltre alla vita salva meritano anche che sia salvata la loro dignità di esseri umani.
Molte le raccolte fondi lanciate nelle ultime ore, tra cui anche quella lanciata dal gruppo facebook della Rete nazionale antifascista che in poche ore – dalle 15 di ieri – ha raccolto più di 55 mila euro.
Carola Rackete, 31 anni, ha ridato senso anche alla parola Capitano, ricordandoci le grandi responsabilità del comando: “So cosa rischio, ma le loro vite sono più importanti”. Così non possiamo che essere partigiani: si dalla parte di Carola che ha deciso di forzare il blocco, mettendo fine a quella che a buon ragione il deputato di Più Europa Riccardo Magi (che ha raggiunto Lampedusa ieri) è “una farsa di Stato disumana e sadica”.
La Capitana rischia il sequestro della nave e una multa fino a 50 mila euro, ma l’ingresso della Sea Watch in Italia, con 42 persone stremate a bordo, non può che essere l’unica risposta coerente con la richiesta di sbarcare i naufraghi, che non viola le norme internazionali e nazionali sul salvataggio delle vite in mare.
Carola, in questo momento, non è solo al timone di Sea Watch: si è fatta carico del peso dell’umanità, sospinta da tutte quelle persone che si sono mobilitate in questi ultimi giorni con manifestazioni in tutta Italia, dove è in corso la campagna #ioaccolgo, a partire da Lampedusa con Don Carmelo La Magra che da una settimana dorme sul sagrato della cattedrale con gli attivisti del Forum Lampedusa solidale per chiedere che vengano sbarcati.
Tornerà sull’isola anche il neoparlamentare europeo Pietro Bartolo, che ha dichiarato: “il mio cuore è lì a Lampedusa, al fianco di quella splendida Capitana”.
“Guai a voi che fate leggi ingiuste per opprimere il mio popolo. Così negate la giustizia ai poveri e li private dei loro diritti” (Is 10, 1-2) bisognerebbe ricordare a certi salviniani con i crocifissi come amuleto: la decisione irresponsabile di creare il caso sulla pelle dei migranti salvati dalla ong tedesca non è ne cattolico ne italiano, nulla insomma della retorica che il ministro dell’inferno vuole spacciare per “difesa della sicurezza”.
Al parroco dice “dorma bene”, alla capitana la chiama “sbruffoncella”: ma qualcuno ricordi al vicepremier che la violenza, anche solo verbale, è l’ultimo rifugio degli incapaci.