Come sospesi nel tempo, come compressi in una dimensione parallela che rimanda agli anni d’oro della Psichedelia,dell’Acid rock.
Questa è la sensazione che il folto pubblico di Capo Peloro ha assaporato ieri notte assistendo al concerto degli “Out Key Lowe”.
No, nessun errore di battitura, The Out Key Lowe, infatti, potrebbe risultare come il nome perfetto per il gruppo che si è esibito nella cornice dell’Horcynus. Il programma prevedeva l’opening del concerto di James Lowe, padrino della psichedelia sessantottina, da parte della band messinese The Out Key Hole che , in mezzora circa, sfoggia alcuni brani di repertorio tratti da “Dreams In Waking State”, indirizzando lo spirito della serata, per poi dare spazio all’Headliner del giorno: James Lowe From Electric Prunes.
Le sorprese, però, non finiscono perché il gruppo di supporto del losangelino sale e pepe, sono proprio gli stessi Out key Hole.
Un cerchio che si chiude quindi. Dopo la benedizione da parte di Lowe, con tanto di commento al disco, per il loro album d’esordio, gli Out Key Hole attingono dal loro sapiente sound ricco di overdrive per sorreggere la storia.
La sorpresa, se di sorpresa vogliamo parlare, è che lo fanno senza alcun tipo di complesso d’inferiorità. Un viaggio lungo un’ora che si apre con “Long Days Flight ” e il marpione Lowe che si accaparra subito le grazie del pubblico presente, passando per grandi classici come “I Had Too Much To Dream (Last Night)” (tratta dall’omonimo album del 1967), apice della serata insieme alla conclusiva “Get Me To The World On Time”, per chi scrive in assoluto uno dei migliori brani dei controversi anni 60. Fedeli gli arrangiamenti da parte degli Out Key Hole.
Momenti di pura psichedelia con le gambe che vanno a destra e sinistra, la testa che si scuote, amplificatori Vox che ruggiscono accarezzati da overdrive analogici, il basso pulsante. Tutto bello, tutto quasi surreale, con il pubblico silenzioso nei momenti catartici, rapito dal feedback di un delay o da un intreccio basso-tastiera (impeccabile)-batteria, scalmanato nei momenti più “high”. L’unica pecca, l’impianto audio, o meglio, il volume dell’impianto audio. Qualsiasi concerto ha bisogno della cosiddetta “botta”, quella spinta sonora che incentiva il pubblico nel dimenarsi, impedendo i commenti e catalizzando l’attenzione solo sulla vera protagonista della serata: La Musica.
Se parliamo poi di un concerto Rock…Bhè, non spingere sui decibel può risultare quasi un delitto, limitando le band che ogni anno intrattengono la numerosa clientela dell’Horcynus. Purtroppo le rigide regole della movida messinese impongono altro.
Ma parliamo di piccoli fastidi se pensiamo alla qualità che anche in questa stagione ci accompagnerà nelle calde notti di Capo Peloro.
Prossimo appuntamento giorno 11 con “Confusional Quartet”. Che volete di più ? (FRANCESCO ALGERI)
FOTO: MAURO KUMA