di Frà Giuseppe Maggiore – Chi di noi non ha visto il film animato, o il musical, o non ha letto il romanzo di Victor Hugo, il gobbo di Notre-Dame. Ieri non solo Parigi, non solo l’Europa, ma il mondo intero, si è fermato di fronte alle immagini terribili dell’incendio che per tutto il pomeriggio ha devastato uno dei simboli più importanti della cristianità europea.
La cattedrale Notre-Dame di Parigi, da 800 anni, è luogo di preghiera, punto di riferimento per l’intera Europa cristiana, protagonista di capolavori della letteratura francese, meta di turisti provenienti da tutto il mondo.
Non sono passati inosservati i volti irrigati da lacrime e segnati dallo sgomento e dallo sconforto, inermi davanti ad uno dei simboli degli sforzi di pace, bellezza, speranza, fede e anche al di là della fede cristiana così come afferma il neo eletto Presidente dei Vescovi Francesi, mons. Éric de Moulins-Beaufort.
L’arcivescovo di Parigi, mons. Michel Aupetit, ha chiesto tramite un tweet a tutti i sacerdoti della città di suonare le campane delle loro chiesa per invitare alla preghiera. La situazione è drammatica.
Ciò che ha colpito al cuore la città di Parigi è, in particolare, “la caduta della guglia”. “Rappresentava un dito teso verso Dio”, commenta monsignore De Moulins Beaufort. “Questo dramma ci ricorda che niente su questa terra è fatto per durare per sempre…”.
La Cattedrale francese è l’immagine di un’Europa che va verso la distruzione, verso il rinnegamento dei valori. Di un’ Europa che preferisce la chiusura anziché il confronto, le relazioni. Stiamo mandando al rogo le nostre radici cristiane, che ovviamente non sono quelle difese da una certa corrente politica xenofoba e fascista, ma l’accoglienza, la solidarietà, la libertà nell’accettare l’altro. Con Notre Dame, sta bruciando una parte di storia, e la storia siamo noi, con le nostre contraddizioni, con le nostre manie di potere, con le nostre paure, con le nostre chiusure, ma anche con il coraggio di aprirci all’altro, di costruire ponti e demolire muri. “La storia siamo noi –cantava de Gregori– la storia non si ferma davvero davanti ad un portone, la storia entra dentro le stanze e le brucia, la storia dà torto o dà ragione, la storia siamo noi siamo noi… attenzione nessuno si senta escluso”.
La cattedrale sarà ricostruita, è già partita una raccolta fondi, già sono arrivate tantissime offerte, non può morire un simbolo, una fede, una nazione. Quando un popolo non sa più chi è, quando un Paese non conosce più la propria missione nella storia, quando una nazione antica, forse vecchia, dubita del proprio ruolo nel mondo, anche una tragedia può servire a scuoterla. Nulla avviene per caso. Certo c’è chi preferisce guardare il grande fratello, anziché riflettere su un dramma che non ha confini nazionali ma che appartiene a tutta l’Europa.
Il rogo è scoppiato a causa dell’incuria, segna il culmine di una crisi dell’identità non solo francese ma europea. Bisogna ripartire da Notre Dame, abbiamo la chance di ritrovare una coesione che è messa a dura prova dalla crisi economica, dal sovranismo, dai nuovi muri che sono simboli di un regresso culturale che fa paura.
Notre Dame può e deve essere il simbolo della rinascita europea fondata sui veri valori del cristianesimo, che non significa bigottismo, ma libertà di amare rispettare l’altro, la vita, il creato. Non significa fare le crociate, ma accogliere.
Non a caso la Croce della Cattedrale non è stata toccata dalle fiamme, così come le reliquie dei santi. Sarà un caso?
No, non è un caso, è un chiaro segno che bisogna ripartire da Cristo, dai valori da lui trasmessi.