di Fra Giuseppe Maggiore – Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elìa, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme.
Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui.
Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elìa». Egli non sapeva quello che diceva.
Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!».
Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto.
Vi è mai capitato di vedere due ragazzi innamorati semplicemente guardarsi, o incrociare qualcuno che parla con la persona amata al telefono? Gli occhi sono luminosi, il sorriso raggiante, il volto luminoso e bello.
La potenza dell’amore vero ci trasfigura.
Credo che sia capitato a tutti essere follemente innamorati e sentirsi dire da qualcuno che ci sta vicino che siamo diversi, sereni… luminosi. Qualche tempo fa con un gruppo di ragazzi e ragazze passammo da un monastero di Clarisse, per lo più giovani, quando uscimmo da quel luogo di pace, gli amici che mi accompagnavano mi dissero: “Si vede che sono davvero innamorate, quelle non hanno due occhi, ma due fari che illuminano le parti più nascoste del nostro cuore”.
Il volto luminoso e bello lo ha una mamma quando guarda il suo bambino, un papà quando ritorna a casa da sua moglie e i suoi figli, anche se stanco dal lavoro.
Il servizio, il dialogo, l’ascolto, sono requisiti che alimentano l’amore e ti accendono come un faro da stadio. Ma tutto questo è una minima parte di ciò che gli è capitato a Gesù sul Tabor: “Il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante”. Ciò che trasfigura Gesù è il dialogo con la Persona che ama al di sopra di ogni cosa, il Padre. Pregare trasforma: tu diventi ciò che contempli, ciò che ascolti, ciò che ami, diventi come Colui che preghi. Dice il salmista: «Guardate a Dio e sarete raggianti!»
I tre apostoli, Pietro, Giovanni e Giacomo, sono vinti dal sonno, cioè sono incapaci di penetrare nel Mistero, sono risvegliati da Gesù, cioè dalla grazia, e vedono la sua gloria.
Quella visione della manifestazione di Dio, ha stordito i tre apostoli e in maniera particolare Pietro che, preso dall’entusiasmo, propone di rimanere sul monte: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elìa»
L’evangelista Luca afferma che Pietro non sa quello che dice.
Quante volte è capitato anche a noi di vivere dei momenti belli, emozionanti, ricchi di spiritualità, momenti dove ci siamo sentiti a nostro agio, amati, ascoltati, capiti. Momenti o situazioni che non vorremmo che finiscano, che durino più a lungo possibile, e perché no, anche per sempre.
Sant’Agostino, nel suo commento a questo brano del Vangelo scrive: “Perché (Pietro) avrebbe dovuto scendere per tornare alle fatiche e ai dolori mentre lassù era pieno di sentimenti di santo amore verso Dio e che gl’ispiravano perciò una santa condotta?”
Appunto, perché abbandonare ciò che è santo e buono e tornare a valle dove ci sono angosce, problemi, malattie?
Bello stare chiusi nei conventi e nelle parrocchie, dicendo rosari, celebrando messe, processioni, adorazioni, riunioni, catechesi, formazione… tutte cose sante, belle e giuste. Spesso dimentichiamo che il Signore trasfigurato sul monte si è trasferito sfigurato in strada.
Il Padre avvolgendo l’uomo nella nube, dà un imperativo: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!» e il Figlio in un altro contesto dirà «Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me».
È l’uomo la gloria di Dio. L’uomo che è figurato perché è ad immagine di Dio, ma sfigurato perché ha perso il lavoro, vive per strada, è anziano e ammalato, vive da solo in casa o è abbandonato in ospedale. Dio è nel volto del diversamente abile, dell’immigrato, del carcerato, nel volto di tanti giovani che faticano per costruire un futuro migliore. Dio è presente nel volto sfigurato di quelle donne violentate, stuprate e usate come carne da macello e persino uccise.
Cristo che sul Tabor è trasfigurato, sul Calvario è sfigurato.
Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Non rimane “che Gesù solo”, sola verità, sola vita e sola via di salvezza nella trama quotidiana della storia umana. Lottare per il prossimo, per la giustizia, per la verità, lottare per costruire una civiltà che viva i veri valori del Vangelo, ti rende impopolare, ti emargina e spesso ti costringe a stare da solo, con Cristo solo.
Bello sostare davanti a Gesù Eucarestia, bello il profumo d’incenso, ma se non riconosciamo Cristo nell’uomo e in ogni uomo, se non scendiamo nelle periferie esistenziali, se non ci impregniamo di puzza d’uomo, la nostra preghiera è sterile e non porta frutto. Se non compiamo gesti d’amore che trasfigurano il volto del fratello, non osserviamo la sua Parola: “Fate questo in memoria di me”.
Bisogna salire sul monte e stare da soli in preghiera e poi stare in prima linea con la Parola scolpita nel cuore e nella mente: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!»
Mi piace concludere con una poesia di un mio confratello:
Volto trasfigurato di luce, prima di essere sfigurato di sangue.
Mosè, Elia e le capanne testimoni del passato;
Pietro, Giacomo e Giovanni testimoni del presente.
Questo è il futuro: “Il Figlio mio, l’amato, ascoltatelo”.
Riconoscetelo nei poveri sfigurati,
perché vi accolgano un giorno da trasfigurati,
quando il silenzio timoroso dei segreti messianici
si trasformerà nella gioia e franchezza degli annunzi di Risurrezione.