Grandissimo successo di pubblico per la terza edizione della Festival Internazionale del Fumetto e della Cultura Pop, tenutosi al centro fieristico “Le Ciminiere” di Catania lo scorso weekend.
Dev’essere stato quando ho fatto una foto con Sauron con lo stesso entusiasmo di un inglese che incontra la regina Elisabetta, o quando Super Mario e Luigi hanno tirato fuori contemporaneamente il pelouche del funghetto, il martello e i loro cellulari, o quando un super assassino incappucciato ha chiesto aiuto ad un amico per salire sulla scala mobile perché non riusciva a vedere nulla.
O forse quando ci hanno regalato i chupa chups, al secondo piano è partita una canzone di Britney Spears o abbiamo guardato i vasetti di ramen con un entusiasmo quasi commovente.
E’ allora che ho realizzato tre cose. La prima è che la nostra vita, soprattutto durante l’infanzia e l’adolescenza, è essenzialmente costruita su immagini, simboli talmente “sacri” da poter essere definiti icone e venerati come tali, ovviamente non in senso spirituale e mistico quanto affettivo.
Sono proprio quelle immagini, anni dopo, a riportare alla mente miniere di ricordi, anche non legati in senso logico a un beniamino dei fumetti o al protagonista di un videogame.
Fare una fila per aggiudicarsi un vasetto di ramen non ha nulla a che vedere, probabilmente, col gusto di tagliolini infiniti, annegati in un brodo non meglio identificato e bollente, non molto adatto al clima estivo di Catania. Aspettare di versare l’acqua calda nel proprio vasetto di plastica, equivale a immaginarsi di pranzare con Ranma e suo padre o addirittura essere lui, anche a rischio di diventare un enorme Panda da un momento all’altro.
Chiedere una foto a Batman è aspettarsi e quasi sperare che più che mettersi in posa venga chiamato e corra via sulla sua epica automobile a salvare Gotham city, o più probabilmente, visto il contesto, San Giovanni La Punta.
E’ tanta l’emozione, che probabilmente anche se i Ghostbusters rivelassero di essere in realtà idraulici, tutti gli ospiti della fiera li chiamerebbero al primo strano scricchiolio.
E ancora se le Sailor non si riunissero intorno ad un gatto parlante con una mezzaluna tatuata sulla fronte ma a una teglia di arancini e cipolline nessuno le condannerebbe o screditerebbe.
Divertimento e devozione sono le basi dell’atmosfera che ha unito, per tutto il finesettimana pubblico, disegnatori, esperti del settore e persino venditori. Ma soprattutto i cosplayers, l’anello di congiunzione tra pubblico ed esperti, tra realtà e fantasia, tra la vita di tutti i giorni e l’immaginario di chiunque sia cresciuto negli anni ’90 o dopo. Solo la devozione infatti, può spiegare il gusto di cucire il proprio costume, truccarsi, costruire vere e proprie armature, forse non pericolose ma di sicuro estremamente scomode e ingombranti, che spesso diventano minacce ambulanti per le folle che incrociano i loro noncuranti portatori.
E allo stesso modo i gridolini entusiasti di chi guarda le tavole originali di un numero di Dylan Dog o Topolino, o gli sguardi concentrati dei giocatori di scacchi, di Magic: The Gathering o di una serie infinita di giochi orientali, lezioni di disegno… pallidi giovani occhialuti seduti a decine di tavoli, che diventano il luogo di ritrovo della fiera, ben più affollato degli stand e dei punti di ristoro tradizionali o a tema sparsi nei padiglioni della fiera. La seconda deduzione è che, complice internet, i personaggi solitari responsabili di straordinarie invenzioni e carismatici in modo non convenzionale, i nerd sono ormai tutto meno che soggetti bizzarri ed emarginati. Sono i padroni di un mondo che se ne sta accorgendo pian piano. E a prescindere da questo, sanno riunirsi, festeggiare i loro miti e divertirsi quanto chiunque altro, forse anche di più.
Che indossino una maglietta di pacman o un mantello o perdano gradi di vista facendosi assorbire dalle atmosfere di Assassin’s Creed o dall’ultimo capitolo di World of Warcraft, non importa. Prendeteli pure in giro, mentre inventano il nuovo smartphone o social network di cui non potrete fare a meno.
Loro creano Google e il resto di noi sta a guardare, e senza nemmeno popcorn da mangiare nel frattempo. I nerd sono popolari e i popolari sfigati e secondo me questo fa girare il mondo un po’ meglio. Infine, se c’è una cosa che tutti i presenti avevano in comune, dalle cameriere in abiti giapponesi, ai collezionisti di katane, ai ritrattisti ai semplici curiosi, a prescindere anche dal livello di conoscenza delle saghe di videogame o dell’arte dell’origami è la voglia di tornare un po’ bambini, anche solo per un weekend, senza giudicare e giudicarsi, ma con tanta voglia di ridere e recuperare quella felicità pulita e quell’incanto che tendiamo tutti a perdere con l’età. (Martina Morabito)