Di Fra’ Giuseppe Maggiore – Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 2,1-11)
In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli.
Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».
Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono.
Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora».
Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.
È qui la festa? Non è il titolo di una vecchia canzone di Jovanotti, ma sicuramente la domanda di un invitato disorientato dalla provvisoria mancanza di vino alle nozze che due giovani stavano celebrando a Cana di Galilea. Si sa, ai matrimoni si invitano amici, parenti e, perché no, anche personaggi di spicco che comunemente chiamiamo vip. Gesù con la sua Mamma sicuramente erano persone stimate e se vogliamo anche famose, perché sono sicuro che di Maria che rimane incinta prima delle nozze ne parlavano tutti, così come di quel figlio misterioso e un po’ strano…
Ritorniamo però alla festa. Una festa di altri tempi, dove bastava stare insieme perché fosse una festa.
Oggi forse abbiamo perso il vero gusto della festa, da bambino la domenica mattina la mia mamma mi infilava nella vasca e mi lavava, profumava e mi vestiva col vestito più bello cucito da lei, per poi andare a messa. Era un momento davvero bello, ci si incontrava con altri bambini e si partecipava davvero con gioia a Messa in una chiesa strutturalmente fredda, ma resa calorosa e gioiosamente chiassosa dal numero elevato di ragazzini e ragazzine ben pettinati e ben vestiti. Era festa perché il pranzo la domenica era diverso, perché papà non lavorava, perché i negozi erano chiusi, ma si usciva lo stesso: si andava dai nonni, dagli zii… era festa perché c’era una predisposizione di cuori diversa.
Oggi per far festa hai bisogno di una canna, di sniffare, di ubriacarti e non solo di alcol, ma di tutto ciò che ti distrae, ti fa uscire dalla tua realtà, da tutto ciò che ti impedisce di essere secondo i canoni del mondo odierno. Oggi le feste non sono fonte di gioia ma di caos, di confusione e di morte. Ci si illude che per divertirsi bisogna sballarsi. Non si sa più chi è il festeggiato.
Gesù è un uomo che sa gioire e sa portare gioia perché sa far festa. Anzi è motivo di festa in quanto egli è lo sposo per antonomasia.
Voglio spostare l’attenzione sull’umanità di Gesù che ama stare in mezzo alla gente, mentre canta, ride, balla, mangia e beve, lontano dai nostri falsi ascetismi. Da sempre Dio è stato in mezzo al suo popolo, si fa uomo per essere uno di noi, in mezzo a noi, vivere le nostre gioie e i nostri problemi. Con Lui c’è Maria, anche lei partecipa alla festa, conversa, mangia, ride, gusta il vino, danza, come mamma e come donna è un attenta osservatrice, si accorge che non c’è più vino. Con fare discreto e delicato si accosta al figlio ed espone il problema. Il vino, anche se importante in una festa o in alcune occasioni, è pur sempre un alimento secondario in quanto non è essenziale come lo è il pane, necessario per vivere. Però non è da trascurare la sua importanza, nella Sacra Scrittura simboleggia l’amore felice tra uomo e donna, tra uomo e Dio, simboleggia la gioia dell’essere in relazione con l’altro e con il totalmente Altro, cioè Dio. Oggi siamo a corto di “vino”: non sappiamo vivere nella sincerità e con semplicità le relazioni. Le nostre parrocchie, le nostre comunità spesso assomigliano a set cinematografici, dove si svolgono scene meravigliose ma lontane e soprattutto disincarnate dalla realtà: bei canti, belle celebrazioni, composizioni floreali mozzafiato, profumo di incenso, preghiere per i poveri… bella festa ma si corre il rischio di non avere il festeggiato fra noi perché magari è ammalto e da solo, o è a dormire sotto un ponte o sta annegando nel mare della nostra indifferenza e delle nostre idee xenofobe. Abbiamo annacquato tutto con l’individualismo, la paura, l’egoismo e il protagonismo, con l’osservanza sterile di regole, precetti e decreti che ci hanno allontanato dall’uomo.
Meno male che ancora oggi c’è Lei, la Mamma, Maria, una donna attenta ai bisogni dei figli che ci indica la strada: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela”. Come se dicesse: fidati di mio Figlio, sii capace di vedere oltre i segni, sii capace di vivere e far vivere il Vangelo, rendilo gioioso nel servizio solidale e accogliente verso gli altri.
Ci siamo incattiviti, siamo tristi, arrabbiati, con gli occhi spenti perché abbiamo trasformato l’acqua in fiele.
Gesù compiendo il primo dei sette segni-miracoli che Giovanni ci racconta, ci ha voluto dire: io sono un Dio della gioia, un Dio sconvolgente, che sa fare festa e che vuole che la festa continui. Per sempre.
Noi abbiamo trasformato la fede nel Dio della gioia in una religione che segue più le tradizioni e i precetti umani anziché la novità del Vangelo.
Se veramente vogliamo seguire l’indicazione di Maria, possiamo iniziare a trasformare tutto ciò che nella nostra vita è annacquato in “vino”. Non sarà un caso che nell’Ultima Cena il Vino diventa il suo “sangue” per noi.
L’invito è chiaro: “fate questo in memoria di me.”
Tocca a noi a noi non far mancare il vino della gioia, della solidarietà, dell’accoglienza. Tutto sta nel capire che tipo di festa si vuol fare; la festa dove il festeggiato è l’uomo immagine di Dio o un semplice raduno dove l’uomo immagine di se stesso è il protagonista di un mondo che predilige la logica dello scarto?
A noi la scelta per vivere la vita come una vera festa.