Diciotti, il braccio di ferro che hanno già perso tutti sulla pelle dei 150 ostaggi di stato

di Palmira Mancuso – La gravità della situazione di stallo della Nave Diciotti bloccata al porto di Catania si fa di ora in ora più insostenibile, sia per i 150 naufraghi stremati, a bordo da ormai 10 giorni, che per l’equipaggio messo alla prova nel dover subire l’umiliazione di un governo che li ha usati come pedine di uno scontro istituzionale mai visto, con il ministro dell’Interno che ormai ebbro del peggiore populismo, sfida le regole democratiche e le sue più alte istituzioni con lo stesso tono di quando fu Mussolini a volersi assumere “la responsabilità politica, morale e storica” del delitto Matteotti dichiarando “Sono io, o signori, che levo in quest’Aula l’accusa contro me stesso”.

Usare la vita di 150 persone stremate dalle torture libiche e dal mare per ricattare l’Europa, facendone un simbolo della “fermezza italica”, così come vedere che anche per l’Europa la Diciotti è diventato emblema del caso italiano, è una pagina della storia politica che non avremmo mai voluto raccontare, dove da culla del diritto siamo costretti ad argomentare che non parliamo di un carico di merci, ma di essere umani.

Lega e M5S, con Salvini e Di Maio ormai decisi a battere il tema dello “stop all’immigrazione”, continuano la campagna elettorale permanente, mettendo pressione sull’Unione Europea attraverso il disumano blocco dei migranti nel porto di Catania, contro cui anche oggi manifesteranno i siciliani che da tutta la regione si sono dati appuntamento per un presidio che è iniziato ininterrottamente dall’arrivo della nave ormai tre giorni fa.

Aumenta lo scontro politico e sociale, e l’idea che questo caso sia stato “studiato a tavolino”, come denuncia l’Avvenire con una inchiesta che racconta di trasbordi, omissioni, dirottamenti e «ordini» via web, appare più che plausibile nella manipolazione delle informazioni usate per creare consenso elettorale al motto di “prima gli italiani”, incitando all’odio e alimentando un’ostilità che speriamo resti solo sulla tastiera e non raggiunga la piazza.

Senza badare al cortocircuito politico di un governo che chiede contemporaneamente indipendenza e aiuto all’Europa, con Di Maio che da letteralmente i numeri quando parla di 20 miliardi di euro di contributi all’Unione Europea: un dato falso perchè i contributi sono meno di 14 e in ogni caso si tratta di 2,5 miliardi di euro l’anno di contributi netti (la Germania, per intenderci, ne paga 13 di contributi netti annui, come si legge nei dati ufficiali riporati in questo articolo).

Nessun obiettivo politico può giustificare l’utilizzo di centinaia di vite umane come arma di ricatto, considerate carne da macello, non vite e speranze ma numeri da distribuire o respingere. E all’appello delle forze politiche di opposizione, in particolare con Più Europa che con Riccardo Magi ha dato il via alle ispezioni parlamentari a bordo della nave italiana, presentando un esposto alla procura etnea, si aggiungono quelle della chiesa cattolica con il Cardinale Montenegro che ricorda come “non si può essere cristiani a metà”. 

Anche la politica regionale ha avuto un sussulto, anche se all’argomentazione del presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè che ha dato dello stronzo a Salvini, preferiamo l’intervento più concretamente politico di Claudio Fava che è salito a bordo invitando Salvini a  parlare con il comandante della nave e con l’equipaggio, ascoltare le storie di strazio, violenza e schiavitù dei cosiddetti “migranti irregolari e palestrati”. Come avrebbe fatto qualsiasi ministro dell’interno, di qualunque fede politica. Del resto lo sgomento e il senso di impotenza ha pervaso quei parlamentari siciliani (di tutti i partiti tranne che lega e M5s) che si sono recati ad ispezionare la Diciotti, e che chiedono di far sbarcare i 150 ostaggi di stato.

 

 

 

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