Di Clarissa Comunale -Evento di punta del Festival TaoBuk della giornata di martedì 26 giugno è stato l’incontro con il regista Paolo Genovese con tema “la prospettiva di conoscersi, la rivoluzione di ritrovarsi” in occasione della pubblicazione de Il primo giorno della mia vita (ed. Einaudi).
Quattro personaggi ed un patto che sa di magia. Il tentativo di fare innamorare le persone della vita, mettendole alla prova su cosa potrebbe succedere in assenza di un uomo misterioso, “senza alone”, per poi essere riportati al punto di inizio, condizione zero in cui sono libere di scegliere.
È la storia di una madre che perde il figlio, una condizione che Genovese ritiene “socialmente inaccettabile”; di un motivatore che rispecchia perfettamente il male di vivere, frutto di una depressione che per il regista romano è legata al disagio sociale. È la storia di una ginnasta in una sedia a rotelle che non riesce a primeggiare e delude qualsiasi aspettativa; di un bambino, le cui urla non sono capite.
“Conoscere se stessi può essere la chiave di volta. In questa ultima pubblicazione tiro le somme tra Perfetti sconosciuti, che ad oggi conta dieci remake, e The Place, poiché lo scopo è far comprendere quanto la conoscenza degli altri sia importante per essere se stessi e capire gli altri”.
Sul tema del TaoBuk, ovvero rivoluzione, Genovese ritiene che l’unico aspetto interessante sia “fare un passo avanti rispetto a se stessi, prestando attenzione all’indulgenza, che non sempre è positiva”.
Il primo giorno della mia vita è ambientato a New York: “ho provato ad immaginare questa storia in altri posti, ma non ci credevo. Tutto accade sul Manhattan Bridge, non avrei mai pensato questa storia su Ponte Sisto a Roma”. Con il legame con la Sicilia, “terra emozionante“, in particolare, Genovese afferma di avere un rapporto richiamato da ricordi familiari, ma la localizzazione delle storie nasce dagli stessi posti che scelgono le storie. Nell’ultima sua pubblicazione, infatti, i fatti raccontati vivono entro questo spazio urbano caotico e stratificato, ma al fondo rimane sempre una costante condizione: ognuno riesce a salvarsi salvando anche l’altro.