CANTIERI PALUMBO: E’ STATO FATTO TUTTO IL NECESSARIO?

 

L’arresto per illecito smaltimento dei rifiuti speciali dei titolari dell’azienda Palumbo SPA, che ha in concessione i cantieri navali ex Smeb, contribuisce a prefigurare un futuro inquietante per quel che resta della cantieristica navale messinese.

Va, infatti, ricordato che la Palumbo SPA era arrivata in riva allo Stretto promettendo la rinascita produttiva del settore e, in questa prospettiva, aveva ricevuto la concessione sottoscritta il 18.02.2006.

La concessione delle aree ex Smeb ed ex Cassaro (l’Autorità Portuale aveva allora alla guida Vincenzo Garofalo, attualmente deputato e coordinatore cittadino del Pdl, nonché candidato a sindaco per le prossime elezioni amministrative) prevedeva, d’altronde, tra gli obblighi contrattuali, oltre al risanamento delle aree (cui va aggiunto l’obbligo del mantenimento della salubrità degli ambienti di lavoro), l’assunzione di 165 lavoratori.

Le cose non sono andate così (nonostante oggi i Palumbo ricevano su organi di stampa messinesi la solidarietà di Vincenzo Franza) visto e considerato che dopo sette anni dall’acquisizione della concessione non c’è traccia di dette assunzioni e i lavoratori impiegati sono circa 40.

Peraltro le organizzazioni sindacali di base presenti in azienda hanno più volte sottolineato “il sospetto di una crisi tattica volta a sostituire il personale messinese con ‘più economici’ lavoratori esterni utilizzati alla bisogna, con buona pace degli impegni contrattuali, mai mantenuti, di sviluppo occupazionale e investimenti nel cantiere grazie ai quali la Palumbo S.p.A. è riuscita ad aggiudicarsi la gara d’appalto per la gestione dello storico cantiere messinese”.

La domanda che i cittadini oggi non possono non porsi è se chi doveva vigilare sul rispetto delle norme contrattuali l’ha fatto. Ciò che, invece, è sicuramente rilevabile è che l’autorità politica non è stata in grado di governare un processo di insediamento produttivo che, evidentemente, sembra andare avanti trascinandosi e senza offrire reali garanzie per il futuro della cantieristica navale a Messina. Il processo di desertificazione produttiva e culturale va avanti a tappe forzate (vedi le attuali vertenze Triscele, Aicon, Molini Gazzi, Sicilia Limoni, Rodriquez, Teatro Vittorio Emanuele, Servizi sociali…) e si rischia di registrarne un ulteriore passaggio.

Ciò che va scongiurato è che dietro l’assenza di intervento politico per la salvaguardia delle attività produttive possano nascondersi mire di carattere speculativo (a questo potrebbe prestarsi un Piano Regolatore del Porto che per la zona falcata, sempre secondo i sindacati di base, è destinato a favorire “insediamenti alberghieri, quartieri residenziali, porticcioli turistici, banchine per mega yacht”?) che facciano il paio con l’intenzione di privatizzare la cittadella fieristica (configurandosi, in tal modo, l’intera area portuale come l’oggetto del contendere di interessi contrapposti).

Una città che si affaccia sul mare vede in questo, evidentemente, la maggiore fonte di ricchezza e la recinzione del porto simboleggia per la città dello Stretto la volontà di sottrarlo alla decisione collettiva.

L’intera cittadinanza va chiamata ad una mobilitazione sindacale, politica e sociale che freni questa deriva senza fine e offra uno sbocco in avanti che salvaguardi produzione e cultura. Perché senza produzione e cultura una città muore. (LUIGI STURNIOLO)

 

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