Un allenatore è importante almeno quanto un calciatore. Soprattutto se le sue idee sono innovative o predicano un calcio diverso dagli altri, procurando così divertimento e cambiando i paradigmi obsoleti del gioco all’italiana. Zdenek Zeman è senza dubbio uno di quei rivoluzionari che hanno arricchito il mondo del calcio. Di origini boeme, uno dei tecnici che ha cambiato più squadre nell’arco della sua carriera, deve molto alla regione Sicilia, nella quale era approdato per raggiungere lo zio e sfuggire così alla triste situazione dell’allora Cecoslovacchia, la sua terra d’origine. La sua prima grande squadra, nella quale diede vita ai suoi esperimenti tattici, è stato il Palermo, dove ha lavorato dal 1974 al 1983.
La squadra rosanero è sempre nei pensieri del tecnico boemo, che sicuramente starà seguendo le sue peripezie attuali nella serie cadetta dopo la retrocessione dalla Serie A, l’anno scorso. Secondo le scommesse online sul calcio di serie B, in particolare quelle di bet365, uno dei bookmaker più quotati della piazza, il Palermo aveva delle buone possibilità di tornare in Serie A ad inizio stagione. Adesso, tuttavia, ai rosanero serve ancora uno sforzo per accedere ai playoff e riconquistare così la categoria principale del calcio italiano.
Tuttavia, la svolta nella carriera di Zeman arrivò in un’altra città siciliana: quella Messina che con lui conobbe per la prima volta il bel calcio e, soprattutto, nella quale lanciò un certo Totò Schillaci, capocannoniere della Serie B 1988-89 nella quale i giallorossi finirono ottavi con il migliore attacco del torneo. Fedele al suo schema preferito, il 4-3-3, Zeman aveva dato al calcio italiano un vento nuovo, un’energia diversa che iniziò a farlo essere famoso nell’ambiente. Poco avvezzo a curare la fase difensiva, il boemo è sempre stato un maniaco dell’attacco e delle giocate in verticale, puntando molto su un’estenuante, ma concreta preparazione fisica durante il ritiro estivo. Schillaci dunque è stato soltanto uno dei grandi attaccanti che hanno beneficiato dell’idea di calcio del boemo, che ha esaltato una serie di centravanti mediocri in alcune squadre di basso profilo durante tutta la sua carriera.
Zeman è stato il mentore di tantissimi altri attaccanti dopo Schillaci, che un anno dopo Messina sarebbe stato addirittura il capocannoniere dei mondiali di Italia ’90. Tra di essi figura Beppe Signori, lanciato dal ceco ai tempi del Foggia di inizio anni ’90 e due volte capocannoniere di Serie A con la Lazio. Insieme a Roberto Rambaudi e Francesco Baiano, Signori formò un tridente esplosivo nel Foggia promosso in A come miglior attacco e che in seguito si sarebbe ritagliato un grande spazio in nazionale. Come lui, anche Lorenzo Insigne, talento cristallino ora simbolo del Napoli, che prima a Foggia e poi a Pescara ha tratto profitto dalla disposizione tattica di Zeman, un romantico che ha sempre voluto vincere facendo un gol in più degli avversari, ma sempre e comunque attaccando a spron battuto. Fedele al suo credo. (adm)