di Giuseppe Contarini – In Scena alla Sala Laudamo TRANCE, Drammaturgia e Regia di Filippo Gessi, con: Alessio Bonaffini, Tino Calabrò, Jessica Granato, Margherita Smedile. TRANCE è un testo travolgente, violento, cinico, si presenta al pubblico con sensualità e passione per poi mutare improvvisamente il suo corso nella violenza, rompe gli argini del palcoscenico, spoglio di tutto ma ricco di quell’umanità essenziale, primordiale, investe il pubblico attonito, ancora in “trance”, che cerca di capire dove, quando, cosa, domande che non avranno mai risposta, perché forse non sono quelle le domande giuste da porsi, gli attori vagano erranti, in un moto perpetuo, in una forma d’equilibrio sul filo invisibile delle loro solitarie esistenze, come le onde del mare, come l’oscillare di un pendolo, solo la morte…
Vabbè basta dai, già mi sono annoiato, era solo per fare vedere che pure io so scrivere le recensioni come fanno gli altri: ti affascinano con effetti speciali, esprimono tutto il loro talento narrativo, ma ci sta pure, il fascino della scrittura va sempre espresso. Certo alcuni esagerano, (perché non scrivono romanzi o racconti o saggi?), ogni tanto qualcuno ci mette pure un po’ di conoscenze letterarie per far vedere che ha letto tanti libri ed è molto colto, poi raccontano un poco lo spettacolo, o, a volte troppo, e, quando va bene, due paroline di considerazioni personali, e zero critica, mi domando, ma si fanno cosi le recensioni?
Oppure sono solo un elogio a se stessi ed all’autoreferenzialismo? Qual’è il senso, oltre a quello di ricevere un like su facebook ed essere condivise con la dicitura, (solo dei diretti interessati), “Grazie Giacomino per la bella recensione”, sembra fatto tutto per “educazione e amicizia”, “alla Messinese va”, “o solitu”, ma perché? Sempre per sentirci troppo bravi? a che serve e soprattutto a chi serve tutto questo “non me lo so spiegare io” [Cit. Tiziano Ferro].
Secondo me crea solo confusione, facendo perdere credibilità, a danno di tutti e anche di quei pochissimi che invece le recensioni potrebbero saperle fare. Mi domando allora cosa sia una recensione e a cosa serva; non è forse uno strumento utile sia agli addetti ai lavori per avere contezza del loro lavoro ed eventualmente mettere in evidenza punti di forza o di svantaggio?
Non è forse uno strumento utile agli spettatori che ancora non hanno visto lo spettacolo, per incuriosirli ed invogliarli sempre e comunque ad andare a teatro, anche quando la critica espressa risulta essere negativa? Magari con una consapevolezza in più, giusto per un confronto di opinioni con il critico, ma senza mai svelare troppo dello spettacolo per non far disperdere parte di quella magia del teatro stesso? Il gusto della sorpresa?
Perché, se è tutto questo allora, credo ci sia un serio problema, se qualcuno, esperto e non ignorante volesse fare un po’ di chiarezza, i suoi interventi saranno sempre ben accetti, io comunque cercherò su Google. Intanto io non sono né un giornalista né un critico, per cui mi faccio i fatti miei e non dico nulla, voi fate quello che volete, come sempre, “No critiche solo Complimenti” [Cit. Il Signor Distruggere].
Sono seduto alla Sala Laudamo in attesa dell’inizio dello spettacolo, mentre scrivo sul cellulare queste considerazioni, pensando di ritoccare poi qualcosa in post produzione. Inizia lo spettacolo TRANCE, quindi devo lasciarvi, ci sentiamo appena finisce. È finito, ed io non ho tanto capito il senso, una drammaturgia non proprio immediata, un po’ criptica, almeno per me, ma non sempre in Teatro è necessario capire, purchè resti una domanda dentro di noi, o uno spunto di riflessione postumo che spinge il pensiero in una direzione, o una suggestione emotiva che rimane, cosa che in questa rappresentazione non ho percepito, non mi dice nulla di nuovo, due coppie, una giovane, si amano, sembra, ma poi lui s’incazza e la sbatte a terra e poi si abbracciano e poi all’improvviso si incazza di nuovo, violenza e amore, anzi forse amore no, la coppia più adulta, invece urla, non si sopportano, violenza e amore anche li, anzi forse amore no; scenografia volutamente assente, disegno luci al minimo sindacale, anche un po’ di meno, sempre volutamente (forse), costumi casual contemporaneo, attori decisamente bravi, ma sono Margherita Smedile e Alessio Bonaffini, due riferimenti del teatro messinese, Tino Calabro e Jessica Granato, nulla da dire, anche loro, bravi, ma allora? Cosa vuole dirci Filippo Gessi con questo testo?
Magari c’è lo spiegheranno meglio i critici, o forse no. Rimane comunque in questa rappresentazione, qualcosa di attraente, come se ci fosse un potenziale ancora non espresso del tutto, la rivedrei una seconda volta, adesso scusate ma devo andare, come: “Andarsene cosi” dei Baustelle, di cui suggerisco l’ascolto, arrivederci.