di Palmira Mancuso – La necessità del coraggio. Oltre la nostra stessa razionalità, quando di fronte ad un naturale e innato desiderio di giustizia sociale, ci troviamo a intraprender battaglie che pensavamo lontane dai nostri programmi. Una questione di visione. Dalla visione parte un percorso nel quale si inizia a camminare soli, ma poi ci si accorge strada facendo di non esserlo: perché quel percorso, quella visione, era anche di altri. Ecco che può essere condivisa. Ecco perchè voglio condividere con voi, leale come fino ad oggi è stato il mio impegno nei confronti dei lettori, la scelta di candidarmi al consiglio comunale con Renato Accorinti.
Lo faccio dalle pagine di questo giornale, che continuerà ad essere quello che è sempre stato: uno spazio di libertà e di circolazione di idee, sperimentando quel giornalismo di prossimità che vuol dire essere presenti sul territorio, leggerne le criticità, osservarne lo sviluppo sociale, dare voce alle istanze di chi negli anni si è reso a vario titolo protagonista della propria e dell’altrui crescita umana. Con quella laicità di pensiero che ci ha sempre consentito di dare spazio ai punti di vista più diversi, cercando di cogliere il senso dei ragionamenti anche quando ci sembrano distanti dai nostri. Senza temere di mettere in dubbio le personali convinzioni, a favore di una verità più complessa.
Del resto, fondare un giornale non è forse un atto politico? Si, lo è. Ma il momento storico ci chiama in queste ore a nuovi percorsi, mettendoci in gioco in un passaggio delicato della vita della nostra città.
Avremmo potuto cercare facili accordi sotterranei, usando questo strumento per assecondare il miglior offerente: ma non siamo mai stati spinti a scrivere per denaro. Ci saremmo dedicati a quel ramo del giornalismo che è la comunicazione politica, con una sicura carriera tra uffici stampa. Messinaora è sempre stato altro. E quindi è doveroso che io faccia un passo indietro, lasciando che il giornale resti fedele a se stesso. Grazie al lavoro di Ciccio Manzo, Marina Pagliaro, Gianfranco Pensavalli, Andrea Brancato, Clarissa Comunale, Giuseppe Contarini, Umberto Parlagreco e tutti quelli che continueranno a tenervi informati da qui in avanti.
Ma in questo momento per essere fedele a me stessa e al mio percorso valoriale, non potevo che metterci la faccia, incapace di rimanere ad “osservare e raccontare” il tentativo di rivalsa di quei poteri economici e familiari che hanno reso questa nostra meravigliosa città un bancomat per pochi.
Cinque anni fa la vittoria di Renato Accorinti ha dato vita e spazio ad una esperienza che non può essere data in pasto ai meccanismi di potere che adesso hanno paura del cambiamento, che hanno serrato le fila, che attraverso un sapiente camouflage ritengono che quell’esperienza sia conclusa e che è ora di riprendersi la città.
L’area progressista che in un breve anelito di orgoglio si era fatta avanti, è stata presto risucchiata in logiche di partito a cui noi non dobbiamo rispondere. E da uomini e donne da anni impegnati sul territorio, non potevamo sentirci rappresentati da chi continua a definirci “giovani”, solo per costringerci all’agonia di un’attesa ripagata con la prebenda di piccoli spazi di praticabilità politica.
Esercitando la memoria non possiamo che analizzare alcuni incontrovertibili dati storici, che mostrano come il potere che ha manovrato scelte politiche ed economiche della città, lasciando ai margini o assorbendo (nel vero senso della parola) elementi brillanti fino a spegnerne velleità e autentica voglia di partecipare, abbia serrato nuovamente i ranghi.
Il “perché” è piuttosto semplice da comprendere: fiumi di denaro in procinto di arrivare con i grandi cantieri (dal secondo approdo, a via Don Blasco, passando per il secondo palazzo di giustizia) ma anche varianti al piano regolatore, modelli di accoglienza tipo lo Sprar, il riassetto delle società partecipate, e tanto altro in vari ambiti che chi conosce l’amministrazione pubblica comprende.
L’esperienza Accorinti non ha portato il cambiamento che gli entusiasti della prima ora avrebbero voluto. Ma la politica non si fa solo con l’entusiasmo o con la protesta a tutti i costi, a scapito di progettazione e risanamento. Si è detto anche sulle pagine di questo giornale che Accorinti non ha fatto molto di quel che ci si aspettava. Ma cinque anni sono davvero pochi. E sono però anche gli unici cinque anni di sindacatura mai interrotta da commissariamenti dovuti a problemi giudiziari.
Facciamo un passo indietro. Vediamo la logica politica delle ultime sindacature:
1993 Provvidenti contro Carmona – Davoli (se ne dissero di tutti i colori in campagna salvo poi fare l’accordo per il ballottaggio, i messinesi non ci sono cascati)
1998 Leonardi (segretario generale del policlinico) batte Provvidenti che non è riuscito a raccogliere il consenso della “stagione dei sindaci” che ha riportato al secondo mandato Bianco, Orlando o Bassolino (Buzzanca sarà alla provincia)
2003 Buzzanca vince su Saitta, Leonardi alla provincia (un vero e proprio “scambio” di Palazzo)
Novembre 2003 Buzzanca decade per peculato, arriva il commissario Sbordone
Dicembre 2005 Genovese batte Luigi Ragno al ballottaggio (il vicesindaco sarà Saitta)
Ottobre 2007 decade per l’esclusione dalle elezioni della lista del Nuovo Psi de Michelis
Genovese nel 2008 diventa deputato, si candida al comune contro Buzzanca e perde al primo turno: resta deputato e governa il PD messinese
Giugno 2008 sindaco Buzzanca, presidente della provincia Ricevuto
Nel novembre 2012 Buzzanca si dimette per candidarsi alla regione e non viene eletto. Nel frattempo Crocetta elimina le province a favore delle aree metropolitane.
A giugno 2013 Renato Accorinti batte Felice Calabrò. Genovese viene arrestato.
In questi cinque anni la società messinese è cresciuta in consapevolezza.
L’informazione non è stata solo a senso unico: pur nelle contraddizioni di una moltiplicazione che non sempre equivale a pluralismo, le testate online hanno picconato quel blocco di potere informativo che oggi vuole rideterminare la sindacatura (ovvero Bramanti).
In una città in cui anche le vicende giudiziarie non hanno smantellato se non in superficie gli equilibri di potere, adesso quello stesso potere trova nuovi equilibri, liquido come sempre.
Ecco a questo abbiamo pensato. E lo abbiamo fatto accanto a Giovanni Impastato, davanti ad un Palacultura pieno di ragazzi, dove sono mancati però quei giovani adulti che l’esempio di Peppino lo hanno come riferimento ideale. Ma forse all’evento non c’erano perchè ad organizzarlo è stato un uomo che la politica la porta a spasso in maglietta e che continua a parlare di pace, di bellezza, di grandi esempi scontrandosi con la real politik che ha messo in crisi anche i rapporti tra le stesse anime del movimento che vuole emanciparsi dal leader.
Quando Renato mi ha chiesto di “dargli una mano” non potevo che stringergliela. Perchè non ho mai avuto il bisogno di dire sottovoce chi fosse il mio sindaco mentre ero fuori da Messina, e perchè ritengo che l’esperienza Accorinti non sia conclusa.
Non si è stati capaci di sostituire Renato con qualcuno che facesse sintesi tra il suo carisma e la concretezza amministrativa a cui consegnare l’eredità di questi cinque anni. Perchè evidentemente non si è ancora maturi politicamente per disintossicarsi da decenni di voto di scambio e di clientelismo anche intellettuale.
Pensavamo bastasse il giornale per trasformare quella “incoscienza” in una coscienza politica che potesse dibattere di contenuti, chiamata ad amministrare i fenomeni complessi di una città che è centrale nel Mediterraneo e che sembra aver dimenticato la sua vocazione europeista.
E allora abbiamo deciso di lasciare la tastiera per metterci a camminare, oltre quei cento passi che qualcuno ha già fatto.
Ci rivediamo dopo le elezioni. Certamente più arricchiti da un’esperienza che mi vedrà impegnata nel solco di quegli stessi valori che mi hanno reso “soltanto una giornalista”.
Alla redazione, buon lavoro.