La Polizia di Stato, attraverso un’operazione coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) di Messina, ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 15 persone, accusate di concorso esterno in associazione mafiosa e altri gravi reati, tra cui estorsione, peculato, trasferimento fraudolento di valori e sottrazione di beni sottoposti a sequestro, tutti aggravati dal metodo mafioso.
I Dettagli dell’Operazione
L’azione, frutto di indagini protrattesi per mesi, è stata portata avanti dal Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato, dalla Squadra Mobile della Questura di Messina e dal Commissariato di Barcellona Pozzo di Gotto. Gli inquirenti hanno smascherato un complesso sistema criminale, gestito da una “famiglia mafiosa barcellonese”, che operava attraverso un’impresa di smaltimento rifiuti urbani e speciali con sede a Barcellona Pozzo di Gotto.
L’Impresa sotto il Controllo del Clan
L’azienda, già sottoposta a provvedimenti di sequestro e confisca definitivi in passato, è risultata essere il fulcro delle attività illecite del clan. Nonostante fosse formalmente affidata a un amministratore giudiziario dal 2011, il controllo reale restava nelle mani del capo clan, detenuto per reati di mafia.
Secondo le indagini, l’amministratore giudiziario avrebbe agito in complicità con il clan, consentendo la continuazione delle attività illecite, quali:
- Vendita di pezzi di ricambio senza documentazione fiscale;
- Smaltimento irregolare di rifiuti;
- Appropriazione indebita di denaro non contabilizzato.
Le indagini hanno inoltre evidenziato che l’amministratore, asservito al potere mafioso, avrebbe omesso di adempiere ai propri doveri, favorendo il clan e consolidandone il controllo sull’azienda.
Un Sistema di Intimidazione e Arricchimento
L’azienda non solo generava profitti illeciti, ma veniva utilizzata anche per rafforzare il controllo del clan sul territorio. Attraverso estorsioni e intimidazioni, gli indagati esercitavano pressioni su dipendenti e imprenditori concorrenti. La presenza quotidiana del capo clan e dei suoi familiari nei locali dell’impresa rappresentava un simbolo del potere mafioso.
In particolare, il clan avrebbe posto in essere condotte estorsive contro dipendenti ritenuti “non affidabili” e li avrebbe allontanati dall’azienda. Inoltre, altri imprenditori operanti in settori affini sarebbero stati costretti a subire il potere intimidatorio del gruppo criminale.
Misure Cautelari e Indagati
Il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) ha disposto:
- Custodia cautelare in carcere per 14 indagati;
- Arresti domiciliari per un altro soggetto.
Tutti gli arrestati risiedono o sono domiciliati a Barcellona Pozzo di Gotto. Gli indagati, al momento, sono da considerarsi innocenti fino a sentenza definitiva, come garantito dalla Costituzione.
Precedenti Giudiziari
La vicenda dell’impresa risale al 2011, quando fu sequestrata per la prima volta. Successivamente, la confisca fu confermata dalla Corte di Cassazione nel 2018. Tuttavia, nonostante i provvedimenti giudiziari, il clan continuava a gestire l’azienda come una propria risorsa, grazie alla collaborazione di figure interne e al controllo indiretto del territorio.