Una morte in carcere, che forse poteva essere evitata. A questo dovranno rispondere i magistrati che indagano sul caso di Domenico Ivan Lauria, un giovane di 28 anni, morto nel carcere di Catanzaro dove stava scontando una pena cumulativa di oltre 11 anni. La notizia, comunicata venerdì scorso, ha colpito come un fulmine la famiglia, che ha immediatamente chiesto chiarezza sulla vicenda. La causa ufficiale del decesso, secondo il referto medico, è un arresto cardiaco causato da abuso di sostanze stupefacenti. Tuttavia, il corpo del giovane presentava ematomi, ferite da taglio e segni di sanguinamento, che hanno sollevato dubbi sulle reali circostanze della sua morte.
Domenico Lauria, con un’invalidità certificata del 75% e gravi disturbi psichiatrici, era stato sottoposto a numerosi trasferimenti carcerari. Malgrado le richieste del suo avvocato, Pietro Ruggeri, di collocarlo in una struttura idonea, anche su raccomandazione delle autorità sanitarie, il giovane era rimasto detenuto in condizioni inadeguate. Le richieste di avvicinamento a Messina per consentire alla madre, amministratrice di sostegno, di assisterlo erano state rigettate. Il Tribunale di Sorveglianza aveva negato il differimento della pena, nonostante la sua situazione di salute.
La famiglia, sostenuta dal loro legale, ha presentato una denuncia ai Carabinieri di Catanzaro per chiedere l’autopsia e fare luce sulle circostanze del decesso. Anche Lucia Risicato, garante per i detenuti, ha sollecitato chiarezza, sottolineando che una persona con le condizioni di Lauria non avrebbe dovuto trovarsi in un carcere così distante e inadatto ai suoi bisogni. La vicenda evidenzia ancora una volta le criticità del sistema penitenziario italiano, aggravato dal sovraffollamento e dalla mancanza di strutture adeguate per i detenuti più fragili.