di Anna M. Crisafulli Sartori – Nel giorno dedicato ai defunti, nel Sacrario di Cristo Re di Messina, con una cerimonia cui hanno partecipato autorità militari e civili e rappresentanti di Associazioni combattentistiche e d’Arma, si è reso omaggio ai caduti di tutte le guerre che riposano nel tempio.
La Santa Messa è stata officiata da Mons. Cesare Di Pietro, Vescovo Ausiliare di Messina, Lipari, Santa Lucia del Mela, che, all’omelia, ha affermato, fra l’altro, che “celebrare i Martiri significa ricordare ai giovani l’importanza delle scelte non solo in circostanze estreme, ma nella quotidianità.”
Ha rivolto, poi, un pensiero commosso a mons. Giovanni Marra, Ordinario militare per l’Italia dal 1989 al 1996 e arcivescovo di Messina dal 1997 al 2006. Mons. Di Pietro, che fu suo segretario per sette anni, ha ricordato la sua definizione dei soldati italiani: “Soldati di pace”.
I canti che hanno accompagnato la liturgia sono stati eseguiti dal coro della Guardia di Finanza.
Ad un breve momento di raccoglimento è seguito l’intervento del prof. Biagio Ricciardi, presidente della Federazione provinciale di Messina del Nastro Azzurro, che ha voluto ricordare, attraverso una toccante ricostruzione storica, il sacrificio (or sono ottantasei anni) di Salvatore Giuliano, caporalmaggiore in congedo di Casalvecchio Siculo, tumulato nel Tempio. Il Presidente ha spiegato come Giuliano fosse stato da tempo smobilitato, e fu da civile (caposquadra di operai impegnati nella costruzione di una strada a Zerimà, vicino Asmara) che compì il gesto eroico, meritando la medaglia d’oro al Valor militare, evento del tutto inusuale.
“Il suo eroismo – ha detto – è un esempio di coraggio e dedizione che continua a ispirare il nostro Paese e le nuove generazioni. Le Armi e i Corpi dello Stato sono i degni eredi di quei valori, rappresentando un autentico orgoglio per tutti noi”.
Dopo l’Attenti dato dal trombettiere, è stata letta la motivazione della Medaglia d’Oro al Valor Militare “alla memoria” concessa all’eroe: “Notato che un gruppo di ribelli si apprestava ad assalire improvvisamente un nucleo di operai intenti a lavorare sulla strada, dopo aver dato l’allarme, imbracciava il fucile e affrontava animosamente il nemico. Rimasto ferito dalle prime scariche avversarie, persisteva nella lotta fulminando taluni ribelli. Cadeva poi da prode, colpito da nuove scariche che ne martoriavano il corpo, con la serenità dei forti. Esempio di sereno coraggio, dedizione al dovere spinto fino al sacrificio e grande sprezzo del pericolo. Zerimà, 26 febbraio 1938”.