“Abbiamo organizzato questo convegno sulla millenaria storia della pesca del pesce spada per evidenziare, insieme alla professoressa Paola Radice Colace, l’unicità di questo tipo di ‘caccia’ nello stretto, con i suoi riti, le parole, i codici e le strumentazioni utilizzate. Inoltre, lo scorso marzo abbiamo fatto la richiesta all’Unesco affinché questo tipo di pratica venga inserita nel patrimonio immateriale e intangibile dell’Umanità. A quanto pare la procedura sta procedendo speditamente verso un esito positivo e quando ci sarà l’ufficialità lo comunicheremo a tutta la popolazione con grande soddisfazione dei messinesi e dei calabresi, in particolare dei pescatori che ancora oggi praticano questo tipo di caccia con le feluche nello Stretto”. A dirlo lo scrittore non vedente Andrea La Fauci che ha organizzato ieri all’Horcynus Orca insieme all’Accademia internazionale Amici della Sapienza di Messina, presieduta dalla prof.ssa Teresa Rizzo, e alla prof.ssa Paola Radici Colace, già ordinaria di Filologia Classica all’Università di Messina un workshop sulla “Storia della pesca del pesce spada dall’antichità ai giorni nostri”.
Dopo i saluti della prof.ssa Loreley Rosita Borruto, presidente del “centro Internazionale scrittori della Calabria” che ha patrocinato l’evento, la prof.ssa Rizzo ha sottolineato l’importanza di ricordare “questo affascinante metodo di pesca, che racchiude in sé stesso anche la storia di molte famiglie di pescatori che lo portano avanti con grande sacrificio da anni. Oltre ad essere una fonte di sostegno per i pescatori dello Stretto di Messina, rappresenta, nell’immaginario collettivo, molte interessanti tradizioni, leggende e usanze locali”. A seguire c’è stata la relazione della prof.ssa Paola Radici Colace, che ha ripercorso la storia di questa pesca dall’antichità ai giorni nostri, soffermandosi sulle fasi salienti di questa attività. La Colace ha spiegato tra l’altro alcune consuetudini come il sorteggio delle “poste”, lotti di mare della riviera nord che vengono assegnati ai singoli proprietari delle feluche tramite sorteggio e che rappresentano ogni anno un evento per l’inizio della pesca. Ha continuato comunicando al pubblico, la richiesta avanzata a marzo del 2023 all’Unesco, affinché questa tipo di pesca venga riconosciuta come Patrimonio dell’Umanità spiegando: “si è rilevata la sua unicità perchè nella “caccia” al pesce spada nello Stretto non si utilizzano armi o reti ma c’è quasi una lotta tra il pescatore e il pesce ad armi pari, poiché anche l’animale è fornito di una ‘spada’ che corrisponde agli arpioni dei pescatori.
Questa pesca ha quindi degli elementi di estrema singolarità che mettono in evidenza anche come i pescatori si siano organizzati e si siano migliorati nelle tecniche e negli strumenti negli anni per questo tipo di duello. Abbiamo dovuto scrivere inoltre nella richiesta all’Unesco, in sintesi ed in inglese, le risposte a varie domande e fornire tutta la documentazione. Abbiamo sottolineato oltre alla singolarità di questa pesca, il nucleo di dottrine che spiegano come eseguirla, la trasmissione dei saperi tramandati da generazioni, e abbiamo illustrato come questo tipo di caccia può diventare uno spettacolo che ha una sua attrattività turistica. Infine abbiamo rimarcato come questa pesca abbia un patrimonio di leggende e liturgie come quella della segnatura del pesce spada appena pescato”. La storia e le foto inviate a corredo della richiesta all’Unesco provengono dai due libri dello scrittore non vedente Andrea La Fauci: “La terra accarezzata dai gorghi, lo Stretto di Messina dalle origini ad oggi” e “Una terra di laghi e di mare, una riviera, le sue colline…e la storia continua”. Anche i video che sono stati inviati all’Unesco e sono stati trasmessi durante il convegno fanno parte della collezione dello stesso La Fauci. Lo scrittore è poi intervenuto ripercorrendo tutte le evoluzioni tecniche apportate alle imbarcazioni nell’arco dei secoli, e ha ricordato quanto sia importante non dimenticare il nostro dialetto, spiegando le parole e i termini dialettali che venivano usati, per fermare con i remi una barca, o farla girare su se stessa, o farla andare velocemente sempre dritta. Quindi ha aggiunto che anni fa ogni rematore prendeva il nome dal remo che governava così le indicazioni impartite dall’ “antenniere” o “falioto” venivano comprese più rapidamente.
Poi ci sono state le testimonianze di Nino Mancuso, figlio di Antonio , inventore della ‘passerella’, che ha ricordato quanto amore aveva il padre per il nostro mare e per questa pesca, e da dove gli è venuta l’idea della di posizionare un tavolone sulla poppa del luntro”, per facilitare l’arpionamento del pescespada e Maria Rando scultrice e nipote di Salvatore Rando (detto Santella), costruttore di arpioni, dotato di grande creatività non solo nel costruire gli arpioni, ma anche una caldaia già a quell’epoca (fine 1800), che ancor oggi viene conservata dal nipote Salvatore. La Fauci ha poi spiegato al pubblico, sostituendo il signor Antonino Giannone progettista e realizzatore di arpioni e innovatore della passerella che per motivi personali non è potuto intervenire, le interessanti innovazioni apportate alla passerella.
Ospite d’onore la prof.ssa Angela Busacca delegata della sezione dello Stretto della Biblioteca del DiGiES, (Dipartimento di Giurisprudenza, Economia e Scienze Umane) dell’Università Mediterranea-Reggio Calabria, che intervenuta per conto del prof. Daniele Cananzi direttore del DiGiES. La prof.ssa Busacca ha evidenziato: “La sezione dello Stretto della biblioteca del Diges vuole essere un punto di incontro, di ricerca e di studio sulle tradizioni e la letteratura legata allo Stretto di Messina, attualizzata per promuoverla oggi e proiettarla verso le nuove generazioni”.
L’evento è stato moderato dal giornalista Gianluca Rossellini che ha sottolineato durante i vari interventi quanto sia stata importante la richiesta fatta all’Unesco per il brand della città e quanto fondamentale sarebbe anche attenzionare le altre tradizioni storiche che ci sono nella nostra città.