Riscoprire il francescanesimo al cinema. E’ stata proprio una proiezione particolare quella della scorsa domenica 11 dicembre, quando una folta rappresentanza della famiglia francescana di Messina si è ritrovata al Cinema Iris di Ganzirri, per assistere alla proiezione di “Chiara”, il film sulla santa di Assisi appena uscito nelle sale cinematografiche italiane.
L’evento, organizzato con cura e introdotto da fra’ Giuseppe Maggiore ofm e da Umberto Parlagreco, gestore dell’Iris, ha coinvolto un centinaio di persone provenienti da Messina e dintorni: famiglie, giovani, laici appartenenti a varie fraternità dell’Ordine Francescano Secolare e Gifra e tanti amici della famiglia francescana. Tra la folla, non passavano inosservati una trentina di frati, appartenenti ai diversi rami del variegato e variopinto mondo francescano. Dal marrone dei Minori e dei Cappuccini, al grigio-nero dei Conventuali, al nero del Terz’Ordine Regolare: un’armonia di colori e di tradizioni, stretta intorno alla “pianticella” di San Francesco, Chiara d’Assisi.
Al termine della proiezione, ci si è intrattenuti ancora un pò in sala, per contestualizzare in breve dal punto di vista storico e spirituale la figura di Chiara d’Assisi, con l’aiuto di Mons. Cesare Di Pietro, Vescovo Ausiliare di Messina, di fra’ Benedetto Amodeo ofm e di fra’ Arturo Milici.
“E’ una pellicola che senza dubbio attira e incuriosisce – scrive Fra Arturo Milici, in questa foto con Umberto Parlagreco – Può interessare ancora, al nostro mondo post-moderno secolarizzato e globalizzato, la vicenda di una donna (nonchè monaca e santa) vissuta in pieno Medioevo? Evidentemente sì, secondo la geniale regista, gli ottimi attori, i valenti collaboratori.
La vicenda di Chiara d’Assisi, a ben guardare, si presta molto bene ad essere studiata, interpretata, messa in scena. Donna del Duecento, che sfida i suoi tempi in nome del Vangelo. Donna che non si sposa, ma che condivide con un uomo – Francesco – l’essenziale della sua vita. Donna che rimane sempre fedele alla Chiesa, pur continuando caparbiamente a non piegarsi alle logiche del potere e delle convenzioni sociali. Donna che diventa spiritualmente madre: madre delle sorelle del suo monastero, madre delle tante persone che a lei si rivolgono.
Il film attinge costantemente alle fonti francescane – prosegue il frate – soprattutto ai documenti del processo di canonizzazione della Santa, alle testimonianze delle sue consorelle. Il materiale storico è presentato in forma artistica, sapientemente assemblato, talvolta in verità un po’ ritoccato e rielaborato. La lingua usata dagli attori, il classico dialetto umbro con qualche inflessione medievaleggiante, tiene gli spettatori coi piedi per terra, fa ricordare che si sta parlando di gente in carne e ossa. Gli intermezzi di musiche e danze d’epoca, che toccano un livello di comunicazione sintetico-intuitivo ben al di là del discorsivo, pongono il film oltre il consueto linguaggio cinematografico, quasi nella sfera del teatro o addirittura dell’estasi mistica.
E tra il verde dei panorami umbri e il bianco delle chiese romaniche, il mondo che prende vita sulla pellicola non lascia più semplici spettatori, invita a prendervi parte, coinvolge anche noi”. (fonte Il Syomoro.it)