Caritas Messina: i figli ereditano la povertà dei genitori

di Veronica Pagano – Giovedì 1 dicembre, presso l’aula magna dell’Istituto G. Minutoli di Fondo Fucile, la Caritas Diocesana ha presentato l’ultimo Report Povertà, restituendo una fotografia spietata della nostra città (e provincia), già duramente colpita dalla crisi economica 2007-2008 e resa ancora più drammatica dalla recente emergenza pandemica.

 

A questo report va però riconosciuto un secondo merito. Il proposito annunciato da Enrico Pistorino, curatore della pubblicazione, suona quasi come un monito volto a scuotere le coscienze. Perché quel voler “dare voce e protagonismo ai poveri” ricorda a tutti noi (o quanto meno dovrebbe) che sì, di loro ci siamo proprio dimenticati, relegati nel gradino più basso della scala sociale, nell’indifferenza generale. Abbiamo stigmatizzato la povertà (il dibattito sul Reddito di Cittadinanza lo dimostra) e perso quel senso di “comunità” che dà il nome a questo report.  

“COMUNITÀ EDUCANTI, le relazioni educative per uscire dalla crisi” è l’undicesimo report dell’Osservatorio diocesano delle Povertà e delle Risorse (OPR), a completamento dei due report precedenti relativi ai bienni 2019-2020 e 2020-2021. L’attività di analisi triennale ha permesso di giungere ad una conclusione: “ai fattori fondamentali che determinano la trasmissione della povertà (educativa, lavorativa ed economica) – si legge – si aggiungono la dimensione psicologica, conseguenza di un vissuto lungamente esposto alla povertà, e una più ampia dimensione socio-culturale, che coinvolge tutta la società, ma si amplifica nelle fasce di popolazione in situazione di disagio“.
Occupazione e pandemia: donne, giovani e “nuovi poveri”

Messina si è presentata alla pandemia con un quadro già devastato da una crisi fortissima che ha colpito la città tra il 2018 e il 2019, determinando un peggioramento di tutti i tassi(disoccupazione, occupazione e attività). Qualche lieve miglioramento si è registrato tra il 2020 e il 2021, in particolare nel settore dell’edilizia, “l’unico settore che, durante la pandemia – ha dichiarato Domenica Farinella, professoressa associata del Dipartimento SCIPOG dell’Università di Messina – ha permesso che la struttura occupazionale tenesse. Un miglioramento legato anche al superbonus edilizio, un effetto quindi puramente momentaneo che ci fa capire – conclude – che per sostenere i livelli occupazionali è importante che, anche a livello nazionale, si facciano delle politiche serie e strutturali, non certo destinate a finire”.
Dall’analisi effettuata dall’Osservatorio sono infatti emerse una persistente incapacità del nostro mercato del lavoro di creare occupazione, nonché una forte precarizzazione. Ad essere più penalizzate sono: le donne, i giovani, ma anche le categorie più fragili quali i soggetti con disabilità e i disoccupati di lunga durata. Questi ultimi “necessitano – spiega ancora la prof.ssa Farinella – di politiche attive di accompagnamento al lavoro che, ad oggi, sono assolutamente carenti. Il processo di reinserimento per chi non lavora da 3, 5 o 10 anni richiede tanto tempo e pazienza”.

Tuttavia, non sempre avere un lavoro è sufficiente per emergere dalla povertà di lungo periodo: i “nuovi poveri” sono i lavoratori intrappolati in occupazioni precarie, a basso salario e scarsa qualificazione.
“È bene quindi prendere consapevolezza della situazione locale e adottare delle strategie di uscita valide. Finora – conclude – le strategie di uscita sono state sempre al ribasso: la gente se ne va perché impossibilitata a vivere una vita piena all’interno di questo contesto cittadino, mentre chi resta non vede possibilità di costruire nulla. Bisogna ripartire dalle relazioni e costruire comunità“.
Povertà educativa e dispersione scolastica: il Mezzogiorno è un terreno fertile
La dott.ssa Cucinotta Giuliana, Dottoranda presso il Dipartimento SCIPOG dell’Università di Messina, ha co-condotto un focus group per l’analisi qualitativa del fenomeno della povertà educativa. Grazie al coinvolgimento diretto di 11 operatori del progetto “I Care” (assistenti sociali, educatori, pedagogisti e associazioni), è emerso che il fenomeno della povertà educativa è influenzato da un insieme di fattori socioeconomici.
A rilevare è certamente la dimensione familiare, ma non solo: “Il fatto stesso di vivere in un contesto familiare poveroinfluenza il percorso dei giovani, ma non sempre è caratterizzante. Vivere in un contesto periferico contribuisce al fenomeno a causa della scarsa presenza di servizi territoriali, strutture ricreative e possibilità di svago. Se da un lato – spiega – il nucleo familiare condiziona il minore, allo stesso tempo però una scarsa presenza di supporto ai minori favorisce l’insorgenza del fenomeno, specie nei quartieri periferici”.
Se però in passato “gli interventi delle associazioni riguardavano i minori delle scuole di ordine secondario, adesso – avverte – c’è un’emergenza per i minori della scuola primaria. L’introduzione del Reddito di Cittadinanza, grazie alla presa in carico dell’intero nucleo familiare, ha reso maggiormente visibile il fenomeno della dispersione e dell’abbandono scolastico”.
Ma assicura: “c’è un impegno crescente della scuola a contrastare la dispersione scolastica per preparare i giovani al futuro e a vivere al di fuori del loro contesto di appartenenza. Con la creazione di una rete scuola-associazioni-famiglia si sta andando verso la giusta direzione

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