“Nel giorno in cui si svolgono le prove di ammissione alla Facoltà di Medicina e Odontoiatria è doveroso per chi è impegnato in politica fare una attenta riflessione su questa modalità di reclutamento che ritengo non essere più attuale, se si considerano le gravi carenze di personale che si registrano all’interno del Sistema Nazionale Sanitario.
Sarebbe, invece, opportuno stabilire degli strumenti decisamente più moderni per l’accesso degli studenti a questa facoltà che, senza tralasciare attitudine alla professione e meritocrazia, offra una risposta adeguata al grande fabbisogno delle nostre strutture sanitarie.
E’ necessario ricordare che, mentre nel nostro Paese confermiamo, quasi fosse una consuetudine, il numero chiuso per l’accesso a Medicina, siamo costretti, allo stesso tempo, a far arrivare dottori dalla Romania e Albania perché in Italia non abbiamo abbastanza camici bianchi per far fronte alle richieste degli utenti, in modo da garantire la salute dei cittadini”, dichiara in una nota il candidato alle prossime elezioni regionali per il collegio di Messina, Nino Bartolotta (PD).
Contrario al numero legale anche Nino Germanà (Lega) che scrive:
“Sono 65.378 gli aspiranti camici bianchi che oggi affronteranno il test d’accesso alla facoltà “Medicina e Chirurgia” e si contenderanno i 16.070 posti disponibili, 14.740 per Medicina, 1.330 per Odontoiatria. Ce la farà solo uno su quattro. Diventa sempre più evidente, dunque, quanto sia assurdo mantenere il numero chiuso per l’accesso alla facoltà, in un Paese in cui mancano i medici.
Reparti, se non interi presidi sanitari, chiusi per mancanza di medici e personale sanitario in generale, eppure nessuna azione concreta è ancora stata fatta a favore dei nostri giovani talenti. Molti di loro, sono destinati ad essere tagliati fuori dal sistema del numero chiuso, motivo per cui andranno a studiare all’estero, per non fare quasi mai ritorno.
Lo Stato spende moltissimi fondi per istruire ognuno di noi, che ad un certo punto della propria vita diventerà motore del tessuto produttivo della nostra società con le capacità e le competenze acquisite nel corso del percorso scolastico, ma proprio nell’ultimo tratto, quello universitario e delle specializzazioni, l’Italia perde alcuni dei propri cervelli migliori per regalare questo patrimonio ad un altro Paese.
È arrivato il momento di arginare questa situazione applicando un nuovo modello organizzativo, ad esempio, garantendo il libero accesso al primo anno per tutti e poi valutare la prosecuzione in base ai voti e al merito. Si può fare organizzando gli spazi della facoltà in maniera differente, lo fanno già diversi Paesi europei, tra cui la Francia. Sono al fianco dei giovani italiani nella battaglia per il libero accesso alle facoltà, ma che sono costretti, ancora una volta, a subire quella che ormai tutti consideriamo un’ingiustizia, non soltanto nei loro confronti, ma per l’intera cittadinanza italiana”.
“Sono quasi mille i posti in meno banditi quest’anno per il test d’accesso alla facoltà di medicina che si è svolto oggi. Mille posti in meno rispetto a quanto stabilito dalla Conferenza Stato-Regioni, che ha fissato il fabbisogno di medici e odontoiatri per il 2022 a 18.095 unità. Pertanto il Ministero avrebbe dovuto bandire altrettanti posti. In realtà, e in maniera del tutto illegittima, ha bandito solo 17.206 posti”. Lo dice Pino Apprendi, candidato nella lista Cento Passi, alle elezioni del 25 settembre prossimo, per il rinnovo dell’Assemblea regionale siciliana.
“Da anni – aggiunge – il numero di posti messi a bando è inferiore al fabbisogno e questo ha portato ad un ennesimo paradosso: mancano i medici da formare con le specializzazioni. Lo scorso anno sono stati banditi oltre 18.000 posti e quasi 3.000 sono rimasti vacanti. Quest’anno hanno preso parte al concorso 15.000 medici e non si sa ancora quante borse sono previste. Se il dato dei posti messi a bando dovesse essere simile a quello dello scorso anno, avremo altre 3.000 borse che andranno perse”.
“Non ci sono medici da formare – conclude Apprendi – perché il test d’accesso lede il diritto allo studio e blocca la possibilità di formare nuovi medici. Il sistema sanitario nazionale è oggi al collasso, la gestione dell’emergenza covid ne è stata la prova, tanto che molte regioni si trovano oggi costrette a richiamare i pensionati o medici stranieri. Dopo i 500 operatori sanitari cubani richiesti dalla Calabria e le interlocuzioni avviate in Puglia per reclutare medici dall’Albania, la Sicilia si è rivolta all’Argentina”.