Con la scusa di fare una dissertazione sui risultati elettorali a Messina di cui ha dato una lettura parziale ,inesatta e ad uso proprio, l’ex Sindaco ha voluto ribadire che il vero ed assoluto “dominus” è lui, arrivando perfino ad umiliare il nuovo sindaco di Messina, che gli sedeva accanto, definendolo una “cavia”per esperimenti di più ampio respiro, e sempre legati alla sua smisurata sete di potere ed ai suoi interessi politici e personali.
Propabilmente non conosce il significato figurato di cavia ,che è esattamente: “persona che si presta per prima a svolgere un ruolo rischioso”.
E non contento di ciò ha affermato che “ha voluto scegliere la persona meno adeguata dal punto di vista comunicativo”, e che “Basile infatti non esisteva”; ribadendo così che il nuovo sindaco è stato una sua invenzione e creazione, strumentale al prossimo impegno elettorale e facendolo apparire, forse inconsapevolmente, come una sorta di “golem” venuto fuori da qualche alambicco alchemico.
Ma anche l’analisi ,accompagnata da grafici, del voto e stata un altro momento per raccontare una narrazione falsa ,prontamente ed acriticamente ripresa e pubblicizzata, non comprendendo che anche questa è solo una tattica per creare disorientamento.
Perché la vittoria del candidato di De Luca viene si dal voto disgiunto che, se si leggono i dati complessivamente, proviene dal centro destra e soprattutto dai candidati del centro destra alle Circoscrizioni.
Pertanto la lettura del voto è molto più complessa di quella che si è voluta far credere, perché si è in presenza di tre risultati diversi e disallineati per quanto riguarda il Sindaco, il Consiglio comunale e le Circoscrizioni. E quando ci saranno tutti i dati bisognerebbe analizzarli compiutamente per capire quello che e’ successo. Perché se De Luca ed il suo candidato Basile hanno vinto alprimo turno con il 45% dei voti ciò è dovuto al circa 7% di voto disgiunto proveniente dal centrodestra e non solo, e dagli altri alleati della coalizione, che vanno da Prima l’Italia di Salvini, ad esponenti nazionali dei no vax, ad esponenti della destra identitaria e putiniani, a dissidenti dei 5 stelle a formazioni minori quali il Pri e la DC, oltre ai rappresentanti locali di Italexit di Paragone ed ad un gruppo locale di separatisti siciliani. Pero’ nonostante questi apporti ed altri non palesate ma identificabili, la coalizione ha preso meno del quaranta per cento dei voti, compresi i consensi portati da queste varie realtà. Cio significa che il movimento Sicilia Vera avrebbe preso circa il trentadue per cento dei voti. Ma questo risultato non si è avuto sul territorio alle Circoscrizioni dove su sei istituzioni locali decentrate solo sulla prima si è riscontrato la elezione a presidente di un candidato vicino a De Luca e Basile, mentre nelle altre sono stati eletti quattro del centro destra e uno, nella circoscrizione del centro città, di centrosinistra.
Questo è il quadro completo da cui emerge una vittoria si della compagine di De Luca ma non nei termini in cui viene narrata.
Inoltre nel 2018 Cateno De Luca al primo turno ottenne quasi il 20%, e con questa percentuale andò al ballottaggio, oggi le sue liste, esclusi gli apporti di altri soggetti politici, sono arrivate al 32% circa; cioè il 12% in più rispetto a quattro anni fa, cosìccome mentre il candidato Basile ha ottenuto circa 45.000 voti sul 55% dei votanti, De Luca sempre nel 2018 ottenne 45.000 voti ma sul 34% dei voti validi. Lostesso numero di voti di 4 anni fa.
Quattro anni in cui De Luca ha potuto gestire in maniera quasi monocratica la Città Metropolitana, distribuendo incarichi e consulenze e gestendo i fondi del master Plan, favorendo spesso i sindaci “amici”, inoltre si è avvalso di una struttura dirigenziale che gli ha avallato tutto in maniera acritica, e senza che venisse svolto un benché minimo ruolo di controllo su tale tipo di gestione.
Al Comune di Messina lo stesso ex sindaco è stato una sorta di monarca assoluto attuando una destrutturazione della macchina organizzativa e plasmandola a suo vantaggio, colpevolizzando ed emarginando dirigenti e funzionari che non si sono sottomessi ai suoi dicktat; inoltre ha utilizzato le società partecipate facendole gestire da soggetti di sua assoluta fiducia, a prescindere dalle competenze specifiche e super retribuiti, attribuendo a tali realtà competenze proprie del Comune ,consentendogli di fare affidamento diretti di servizi a ditte esterne private ed assunzioni senza selezioni pubbliche; inoltre ha fatto lavorare ditte per lavori di subappalto ed ha distribuito incarichi professionali tecnici o legali ad iosa, senza contare tanti altri aspetti ed iniziative di carattere clientelari ben note o esplicitate tutele di interessi privati legati a lobbies o categorie privilegiate, talvolta a danno delle esigenze e dei diritti dei cittadini.
Ma nonostante questa gestione onnivora e pervasiva del potere, fra cui va annoverata la diffusione capillare degli uffici della Fenapi, ha avuto solo un aumento in termini percentuali del 12%. Ed al di là dei trionfalismi avallati da certa stampa e da tutti coloro che sono pronti a salire sul carro del vincitore, all’insegna di un trasformismo deleterio, una riflessione su tutti questi elementi andrebbe fatta, per valutare la situazione nei giusti termini.
Michele Bisignano
Libero cittadino