Si rivolge ai giovani perché la “criminalità minorile è il principale problema, lo Stato ha sbagliato“.
Iano Ferrara, la cui carriera criminale si è sviluppata nel villaggio Cep, fu arrestato il 28 marzo del 1994. Un caso che fece scalpore per la folla che si era radunata davanti al commissariato acclamandolo tanto da farlo passare alle cronache come il “boss buono”. Qualche anno fa aveva pure scritto un libro, ma in queste ore è un suo video pubblicato per annunciare il ritorno a Messina, che ha suscitato polemiche in città, dove spera di “trovare un mondo diverso da quello che ho lasciato. Mi auguro che tutto possa cambiare in positivo”.
Si dice pronto a tornare nel suo quartiere per “abbracciare le persone che mi vogliono bene e che sono nel mio cuore“.
Diverse le reazioni dopo i 13 minuti di messaggio, in cui il collaboratore di giustizia fa una propria disamina sull’essere “boss” oggi, e su quanto siano “rubagalline”.
Tra i primi a reagire al video di Ferrara, l’ex garante per l’infanzia e l’adolescenza del Comune di Messina Angelo Fabio Costantino, che non nasconde preoccupazione per una certa narrazione che fa del collaboratore una sorta di “mito”.
“Questo video, che per alcuni aspetti verrà attenzionato da chi di competenza, ci consegna più di una riflessione sulle Politiche a sostegno della cultura della legalità messe in atto nella nostra città negli ultimi 30 anni.
Nel mese di gennaio di quest’anno la Commissione Antimafia ha fatto tappa proprio nel quartiere CEP di Messina per ascoltare tutti gli attori Istituzionali sulle numerosissime criticità rilevate . Quel documento dovrebbe essere letto da tutti.
Le dichiarazioni, riportate fedelmente nella relazione della Commissione, del Preside del’ “ I.C. Catalfamo”, che insiste proprio nel cuore del CEP, supportate dalla Preside dell’ “Albino Luciani” di Fondo Fucile, raccontano la profonda solitudine dell’Istituzione Scolastica che da sola deve fronteggiare disagio, dispersione (tra le più alte in Sicilia), criminalità minorile, povertà materiale ed educativa senza alcun sostegno dalle altre Istituzioni.
Interessantissime sono le dichiarazioni del Prete di quel quartiere che raccontano uno spaccato di Messina non troppo distante dalle altre città ad alto tasso di criminalità.
“Cosa ha fatto lo Stato per i giovani?” si chiede Ferrara, “perché non ha costruito strutture per questi ragazzi?”.
Le parole dell’ex Boss sono potentissime perché svelano il sistematico arretramento dello Stato dai territori più a rischio. Mancano strutture dedicate, operatori specializzati, progetti innovativi per consentire ai giovani di riscattarsi e non cadere nella fascinazione della criminalità.
Soldi, prestigio, successo sono la promessa facile che la criminalità regala ai ragazzi per affiliarli mentre lo Stato abdica sempre di più al suo ruolo demotivando Istituzioni ed operatori.
Uno Stato che non investe sulle menti migliori, sulla Scuola, sulle professionalità per salvare i ragazzi dalla strada non solo non combatte la mafia ma alimenta la cultura dell’illegalità generando rabbia, dispiacere, rancore nei cittadini.
Se lo Stato avesse fatto il suo dovere in questi 30 anni oggi l’ex Boss non avrebbe da “insegnarci” niente ed invece siamo rimasti fermi.
Mafia e psichismo mafioso sono due facce della stessa medaglia seppur la seconda viene prima della mafia; la alimenta rimanendo iscritta nella cultura di una comunità per secoli.
“Psichismo mafioso” è quel particolare modo di sentire, di pensare, di comportarsi basato sull’omertà, sul sospetto, sulla prepotenza, sulle appartenenze a presunti gruppi elitari.
Le stesse Istituzioni antimafia sono spesso intrise di “psichismo mafioso” basate sulla lotta per il potere, per l’occupazione di posizioni, per il raggiungimento di privilegi.
I veri eroi (vedi Nicola Gratteri e Nino Di Matteo), vengono lasciati soli, spesso avvolti dalla nebbia del sospetto esattamente come è accaduto a Falcone, per isolarli, per renderli vulnerabili ed innocui.
Purtroppo non riusciremo ad incidere sul tessuto della città e sui giovani se non riconosceremo che la mafia ed il suo psichismo sono presenti in città.
La mafia è un’“Etno-psicopatologia” (Lo Verso), una psicopatologia culturale ad oggi senza antidoto.
Non saranno i simboli, le manifestazioni, le strade, le piazze intitolate alle vittime, così come non riusciranno le Associazioni a curare questo cancro ma i piccoli gesti quotidiani di Giustizia, Onestà, Lealtà e coerenza.
Il buon Jung scriveva: “Si diventa sempre quello che più si combatte”; tremo all’idea, che di questo passo, nel tempo diventeremo tutti mafiosi.
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