L’illustre Prof. Michele Limosani si interroga sulle possibilità di sviluppo connesse all’idrogeno verde, l’azione del Governo Draghi e la crisi in Ucraina, e fa un’analisi, arrivando a chiedersi «perché l’innovazione non passa dalla Sicilia?».
«L’Europa scommette sulla produzione di idrogeno verde (idrogeno prodotto attraverso l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili) e propone un cospicuo intervento finanziario con l’obiettivo di ridurre la dipendenza dal gas russo. L’idrogeno verde rappresenta quindi una grande opportunità di sviluppo tecnologico ed economico per i paesi europei impegnati a contendersi la leadership nella produzione di energia non solo per soddisfare una domanda di consumo interno ma anche per esportare fuori dai confini nazionali l’energia pulita prodotta.
Anche il nostro paese muove i primi passi in questa direzione con il governo Draghi che nei giorni scorsi ha annunciato la disponibilità a sei Regioni di costruire insieme la politica nazionale dell’idrogeno. L’obiettivo del governo è di entrare a regime entro il 2026 e il piano prevede la realizzazione, in aree industriali dismesse, di stabilimenti di produzione dell’idrogeno e di alcuni centri studi e laboratori di ricerca a valere sui fondi del PNRR nelle regioni del Piemonte, Lombardia, Friuli-Venezia-Giulia, Umbria, Basilicata e Puglia. Investimenti in produzione e innovazione tecnologica in grado di generare un aumento della occupazione e la nascita di nuove imprese e start-up e di garantire nel prossimo futuro l’autonomia energetica.
La notizia suscita apprezzamento per l’azione del governo nazionale e le sei regioni coinvolte nel progetto ma genera, nello stesso tempo, tanta amarezza e sconforto al pensiero dell’ennesima occasione persa per la nostra Regione ed in particolare per il nostro territorio!!! Si proprio amarezza, allorché si faccia mente locale ai tanti “fattori di vantaggio” che avrebbero potuto rendere elegibile il nostro territorio per questo tipo di investimento.
Il CNR ITAE “Nicola Giordano” è un centro di ricerca di eccellenza riconosciuto a livello internazionale nel settore delle tecnologie energetiche e generatori di idrogeno alimentati da combustibili tradizionali e biocombustibili o da fonti rinnovabili mediante elettrolizzatori. La presenza nella nostra università di docenti inseriti nei ranking internazionali tra i migliori scienziati al mondo (Prof. Sebastiano Campagna e Prof. Gabriele Centi, solo per citarne alcuni), coinvolti in numerosi progetti europei e internazionali nel campo dell’Energia e dell’Ambiente e impegnati in progetti sui processi per la conversione dell’energia solare. L’esistenza di un polo energetico (zona industriale S. Filippo del Mela) con aziende nazionali che possiedono competenze e skills chiave in questo settore, un polo che si appresta tra le altre cose ad avviare un percorso di transizione green per produrre energia pulita.
E poi ancora tante aree industriali dismesse e ricadenti all’interno della ZES (area ex Sanderson, area industriale di Villafranca ex-Pirelli) e last but not least la presenza nella giunta di governo regionale, con delega all’ambiente e all’energia, della Prof.ssa Daniela Baglieri, illustre accademico della nostra università, esperto di organizzazione aziendale, persona che conosce bene il nostro territorio.
Credo che la lista possa bastare. Cosa non ha funzionato, dunque? Perché la Sicilia e la nostra città non sono stati in grado di avanzare una candidatura per diventare sede di un distretto energetico? E’ facile e sbrigativo dire la politica ha fallito!!! ma è chiaro che le responsabilità sono distribuite ai vari livelli istituzionali. Le scelte e le strategie da perseguire in un territorio per sviluppare progetti innovativi nelle nuove tecnologie non è un compito che la politica possa affrontare in solitudine.
Siamo ancora in tempo per inserirci in questi progetti? Pare di si!! Il governo Draghi ha lasciato intendere che l’investimento non è finito qui, ma di certo la strada è in salita. A chi spetta il compito di prendere l’iniziativa? Bisognerebbe mobilitarsi tutti insieme, (Università, Cnr, Confindustria, città metropolitana, regione), condividere un piano e una strategia e attivarsi, ognuno per le proprie competenze e nell’ambito del proprio network, per portare a casa il risultato.
La politica, tuttavia, dovrebbe svolgere un ruolo centrale; può e deve esercitare il giusto coordinamento e farsi promotrice dell’iniziativa. Appena concluse le elezioni ammnistrative del 12 giugno è auspicabile che il governo Regionale e la nuova amministrazione si occupino della questione. Rimane il fatto che se non riusciremo a comprendere ciò che impedisce a questa “dannata e tanto amata terra” di abbracciare e vincere le sfide della modernità, nonostante l’enorme ricchezza presente nella nostra isola, non sarà di nessuna consolazione la ricerca dell’ennesimo capro espiatorio o il riproporsi di un antico e rarefatto adagio che attribuisce le responsabilità dei nostri fallimenti alla classe politica e alle forti lobby industriali del cattivo Nord».