di Veronica Pagano – “Scrivere il libro è stata una necessità. È il racconto di un giornalista iniziato nel peggiore dei modi: non capendo. Ancora però continuo ad avere la sensazione che qualcosa mi sfugga”.
Si apre così l’incontro con il giornalista palermitano Salvo Palazzolo, autore de “I fratelli Graviano. Stragi di mafia, segreti, complicità”, presentato proprio ieri alla Feltrinelli Point di Messina, insieme al giornalista della Gazzetta del Sud, Nuccio Anselmo, e al Procuratore della Repubblica di Messina, Maurizio De Lucia.
Nel ricordo di Don Puglisi, alla ricerca delle “verità non dette”
Un libro dedicato a don Pino Puglisi, “martire della solitudine”, scritto da chi quel prete che combatteva la mafia con il sorriso lo conosceva bene: “Don Pino ci parlava chiaramente del quartiere Brancaccio, faceva nomi e cognomi”.
Scritto a distanza di 30 anni, il nuovo libro-inchiesta di Palazzolo ricostruisce la storia sanguinaria dei fratelli Giuseppe e Filippo Graviano, boss di Brancaccio, con sfondi inediti della stagione stragista del 1992.
Quella dei Graviano è una famiglia attorno alla quale sono ancora tanti i misteri da risolvere, eppure l’autore risale ai legami con i Corleonesi di Totò Riina, ai costanti rapporti tra Palermo e Messina e a quei messaggi in codice rivolti a personaggi del calibro di Matteo Messina Denaro, alla ricerca di quella che Palazzolo definisce “la verità delle cose che Giuseppe Graviano non dice”.
Il libro vuole essere insieme ricordo del passato e appello alla cittadinanza a non lasciare soli gli eroi di oggi: magistratura, forze dell’ordine e chi trova il coraggio di denunciare. Ma vuole essere anche un monito per la politica affinché la lotta alla mafia diventi impegno comune e quotidiano, soprattutto nelle periferie e nei quartieri privi di servizi: “l’antimafia che dà fastidio ai boss – afferma Palazzolo – è quella che lavora sul territorio. Ognuno di noi è chiamato a un impegno straordinario”.
Brancaccio: fucina di aspiranti uomini d’onore
Una delle più importanti indagini sui fratelli Graviano si deve proprio al Procuratore della Repubblica Di Messina Maurizio De Lucia, che ha vissuto in prima persona le stragi della Palermo degli anni ‘90: “Brancaccio è una fucina di aspiranti uomini d’onore. La maggioranza delle stragi viene da lì”. Alla presenza dei tanti accorsi ieri alla Feltrinelli, De Lucia, riconoscendo il lavoro di analisi svolto dall’autore del libro, ha evidenziato differenze e analogie tra mafia palermitana e messinese e l’importanza del mercato della droga che – insieme alle attività collaterali – forma l’impero finanziario della criminalità organizzata. Il tesoro dei Graviano resta ancora oggi nelle mani dei boss, che si rifiutano di collaborare con la giustizia.
Ricordando il lavoro svolto da magistratura e forze dell’ordine nello smantellare la Cosa Nostra stragista, il Procuratore invita tuttavia a “non cadere nell’illusione che la mafia sia stata sconfitta. La mafia è questo: una struttura intelligente che si evolve. Noi dobbiamo riconoscere e limitarne l’evoluzione. Il cittadino – conclude – deve avere chiaro che lo Stato c’è, denunciare e chiedere protezione”.