di Michele Bruno – Un Carlo Calenda durissimo che ne ha per tutti, quello visto oggi a Messina all’Auditorium Fasola. Il segretario nazionale di Azione, partito che sta cercando di rilanciare il liberalismo nel panorama politico italiano, ha detto la sua in vista delle amministrative e delle regionali.
“Sembra che in Sicilia e al Sud non importa a nessuno delle amministrative, l’importante è prepararsi alle scadenze elettorali regionali… di chi farà il Sindaco di Messina, cosa succederà qui o a Palermo, non importa…”.
Una durissima critica un po’ a tutta la politica locale.
Quello che sembra stare maggiormente a cuore a Calenda è creare una classe dirigente che possa amministrare Messina. Questo significa diverse cose per Calenda.
Innanzitutto fondare un partito di giovani, ma non “giovanilista”. Non candidare giovani solo per il consenso, ma fare in modo che possano seguire un corsus honorum, prepararli all’amministrazione e all’arte del governo locale e solo dopo lanciarli nell’agone.
Un’idea di partito tradizionale, che ammette anche le correnti, a patto che siano portatrici di idee e non interessi particolari.
Ed anche il mettere al centro prima la costruzione di un programma politico con le idee chiare su cosa bisogna fare, ma anche come, con quali fondi e modalità.
E mettere al centro il programma può voler dire anche correre da soli. Calenda infatti non ha grandi simpatie per il Movimento 5 Stelle, e questo è risaputo. Anche a Messina ed in Sicilia non ci sarà un accordo con loro, perché per Calenda sono “quelli del no a prescindere”.
Bisognerà quindi capire come continuerà l’interlocuzione locale nel centrosinistra per capire dove si collocherà al livello locale.
Non ama l’idea del grande centro il leader di Azione:
“che senso ha fare alleanze con gente come Micciché e Cuffaro, o come Mastella, il nuovissimo della politica…è questo il grande centro?”.
C’è sicuramente una buona intesa locale però con alcuni partiti liberali di centro, come Più Europa, oggi presente con la dirigente nazionale Palmira Mancuso.
La Città di Messina deve essere dunque governata da buoni amministratori, competenti, e che non lascino spazio al populismo.
Non lascia dubbi l’attacco all’ex Sindaco di Messina, Cateno De Luca. Per Calenda è un “cabarettista” ed un “buffone” che semplifica la politica con slogan, senza affrontare ed approfondire i problemi, e fa l’esempio dei suoi comizi sullo Stretto, e delle urla social. “È solo spettacolo, non è politica” ha incalzato.
Ed ha lanciato la sua visione, con una frase molto forte:
“I cittadini si sono rotti delle rivoluzioni mancate e di chi urla, vogliono una politica normale”.
Per Calenda bisognala nuova classe dirigente da costruire è quella che “non si abbassa a umiliare le istituzioni che rappresenta”.
Una politica non delle promesse, come anche quella sul Ponte sullo Stretto, ma che racconta ciò che si può fare e come. Calenda è a favore del Ponte, ma dice:
“non si può bloccare un’intera Regione e non parlare d’altro perché si deve parlare del Ponte, ci sono migliaia di tematiche di cui occuparsi”.
Non solo la politica ha sbagliato, ma anche i cittadini che hanno votato.
“Se abbiamo votato queste persone, come Salvini e Di Maio, che cambiano idea continuamente e non sanno amministrare, una responsabilità la hanno anche i cittadini che li hanno scelti”.
Tanti i temi affrontati oltre quelli locali, le crisi di questi anni e il modo di affrontarle, con un’occhio alla Guerra in Ucraina e alla prossima crisi energetica. Il rapporto con le nuove tecnologie ed una libertà che deve tenere conto anche dei limiti per educare i giovani al rapporto con i social, il web e il Metaverso che presto arriverà.
Una politica che regolamenti il mercato e il capitalismo, difendendo anche i posti di lavoro. Punti non sempre scontati nell’ambito della politica liberale, ma che Calenda pone alla discussione, citando Einaudi e la necessità del dubbio.