Impatto visivo, l’arte “aconcettuale” di Ignazio Pandolfo al Vittorio Emanule

L’arte aconcettuale di Ignazio Pandolfo ritorna in “Impatto Visivo”, nuovo appuntamento con la sezione “Arti Visive” del Teatro Vittorio Emanuele, promossa da Giuseppe La Motta nell’ambito del progetto “L’Opera al Centro”. La mostra sarà inaugurata l’11 febbraio prossimo alle 18.00 dall’artista e La Motta con Orazio Miloro (Presidente Ente Teatro Vittorio Emanuele) e Giuseppe Ministeri (Consigliere del teatro). Introdurrà le opere la giornalista Milena Romeo.

“Narrare per immagini” è il senso classico dell’arte figurativa, che dagli inizi della civiltà ad oggi ha ripercorso la dicotomia soggetto/oggetto, con l’autore che trasforma in simboli realtà concrete o immaginate, nonché pensieri, sollecitazioni interiori, spesso inconsce, porgendole al fruitore perché ne scorga i contenuti portanti. Una rappresentazione iconica, quindi, come rappresentazione di un qualcosa altro da sé. Ignazio Pandolfo, artista ecclettico, ama definire la sua pittura “astratto/informale” per il suo discostarsi da ogni dicotomia, e raggiungere l’estrema semplificazione di un’arte mediata completamente dal fruitore, in cui l’artista è semplicemente fonte di segni sulla tela, senza un significato intrinseco precostituito, quindi potenzialmente disponibile ad una pressoché infinita varietà di significati possibili.

Un tale approdo concettuale prende le mosse da una serie di riflessioni dell’autore: ”Il panorama attuale – a prescindere dalle diverse scelte estetiche e di pensiero – ci mostra accanto a figure di altissimo profilo, molti altri validi autori dediti a ripercorrere la maniera degli stilemi pittorici derivati dal figurativo o dall’informale; e altri che continuano a ripetere i canoni della Pittura Analitica o del Minimalismo, ovvero recuperano elementi derivati dalla Pop Art o dalla Street Art degli inizi. Ma che senso può avere oggi la Raffigurazione di un paesaggio, ovvero di un ritratto, in una società composta da milioni di fotografi che compulsivamente non fanno che ritrarre oltre che se stessi, tutto ciò che li circonda? E quale può essere il valore della Narrazione in un mondo in cui il cinema, la televisione e le infinite e incessanti piattaforme mediatiche ci sommergono di storie che riguardano ogni aspetto dell’esistenza in tutti i suoi aspetti temporali e spaziali? (La guerra, la cronaca, la salute, il pianeta etc.) Sono quesiti che più volte mi sono stati posti da quando ho deciso di abbracciare il linguaggio astratto/informale. Quesiti cui ho spesso risposto con un semplice e lapidario “non lo so”. Da parte mia non c’è nessun messaggio o storia da raccontare, e non ho inteso trasmette nulla che mi riguardi! Credo, infatti, che l’opera non debba e non possa più rappresentare la autoreferenzialità dell’autore ma che, al contrario, debba essere essa stessa a parlare e a innescare un rapporto emozionale con il fruitore. Come pittore ho l’ambizione di ritenermi strumento passivo in grado di comporre un dipinto senza alcuna partecipazione emotiva e/o razionale; così come avviene nella scrittura automatica nella quale il medium è all’oscuro dei contenuti che attraverso lui si stanno riversando sulla carta”.

Infatti ogni dipinto è secondo Pandolfo un oggetto finalizzato a stimolare l’attitudine meditativa dell’osservatore; quindi né strumento di meditazione trascendentale di tipo religioso (come i Mandàla del Buddismo e dell’Induismo), o razionale o laico (come nella visione di Jung), ma risultato della “scomposizione delle forme in caotici ammassi di colore e di materia, che fanno dell’Impatto Visivo il loro punto di forza”. Di conseguenza, i quadri dell’autore non hanno alcun verso di lettura e possono essere appesi a parete a discrezione dell’osservatore. Niente cornici, né dispositivi di aggancio (le indicazioni di posizione poste sul retro delle tele sono solo un suggerimento del tutto soggettivo).

In sintesi, si tratta di oggetti su cui soffermarsi a meditare come si fa quando si rimane a osservare in silenzio il fluttuare delle fiamme nel camino. Quadri da contemplare, in attesa che l’Impatto Visivo apra la via al dialogo interiore e inneschi quella sorta di cortocircuito emozionale indispensabile a che l’Opera e il Fruitore entrino in reciproca risonanza.

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