Maurizio Pollini e Beethoven: al Vittorio Emanuele la leggenda diventa realtà

di Palmira Mancuso – Le mani senza tempo di Maurizio Pollini hanno letteralmente ipnotizzato. Ieri sera il grande pianista, allievo di Arturo Benedetti Michelangeli, si è esibito al Teatro Vittorio Emanuele che in questa occasione è divenuto un vero e proprio tempio della musica.

In platea molti musicisti che non hanno perso questo straordinario evento per asssistere dal vivo all’esecuzione di una vera leggenda internazionale del pianoforte, che oggi, coi suoi 79 anni, resta tra i più riconosciuti pianisti internazionali e che sullo Stretto non si esibiva dal lontano 1972, anno che lo ha consacrato al successo globale.

La magia di Beethoven ha coinvolto i presenti, silenziosi ed estatici dinanzi all’impeccabile esecuzione di quelle ultime sonate del maestro di Bonn, di cui ha esplorato  la complessità enigmatica: un vero testamento pianistico di Beethoven di cui ha colto tutti gli elementi che sottolineano la sua forte affinità con gli esperimenti espressivi del genio tedesco.

La prima parte è stata dedicata alla Sonata n.28 in la maggiore op.101, che Beethoven dedicò alla baronessa Dorothea von Ertmann, una delle sue allieve preferite nonché pianista di grande talento. Un’atmosfera “ricca di misteriose e indefinibili risonanze romantiche” che Pollini ha mirabilmente riproposto in occasione dei 250 anni del compositore.

Nella seconda parte è stata eseguita la Sonata n.29 in si bemolle maggiore op.106: si tratta della sonata più lunga di Beethoven (1167 battute) e una delle più complesse dal punto di vista armonico e dell’impegno tecnico.

Per il grande maestro Pollini il tripudio del pubblico a cui ha concesso un bis, seguito da una standing ovation che è stato l’abbraccio di Messina ad una vera leggenda vivente.

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