di Palmira Mancuso – Una lunga storia quella del Parco Aldo Moro. Una storia che il sindaco Cateno De Luca ha, come solito fare, spettacolarizzato a proprio vantaggio, ma con qualche sbavatura di troppo. A partire da un post dove annunciava che avrebbe scassinato il cancello del Parco Aldo Moro a cusa di una “chiave perduta” ma che in realtà era fin dal 2017 nelle mani del Commissario Giardina, al quale era stata consegnata da Antonio Currò dell’Unione Inquilini, che in un blitz con 15 famiglie senza casa, aveva posto l’attenzione su una struttura di circa 400mq che l’INGV avrebbe divuto usare a scopi scientifici.
Prima di loro, a far scoprire ai messinesi una delle zone storiche più significative della città, il collettivo Pinelli, che nel 2014 con le ZTL (Zone temporanemente liberate) aveva acceso i riflettori sulle potenzialità del parco, organizzando eventi culturali, compresa una presentazione di un libro dei Wu Ming che per l’occasione avevano raggiunto lo Stretto.
A smorzare l’entusiamo per l’annuncio del “parco ritrovato” è l’assoluta mancanza di coinvolgimento della IV Municipalità, che già nel 2019 (con delibera n.15 del 4marzo, votata all’unanimità) aveva fornito all’Amministrazione tutta la documentazione necessaria non solo al fine di riqualificare l’area ma anche per chiedere al Ministero di intervenire sull’INGV che si rammenta di questo luogo solo ogniqualvolta il Comune lo rivendica.
“Se il Sindaco si fosse confrontato con chi conosce il territorio – dichiara il vicepresidente della IV Municipalità Renato Coletta – non avrebbe avuto bisogno di fare l’ennesimo spettacolare blitz, dal momento che nel tempo sono stati eseguiti dei sopralluoghi, consegnando al Comune la documentazione che ne attesta tutte le caratteristiche e con la quale abbiamo fatto richieste specifiche di interventi, puntualmente inascoltate”.
In effetti basta guardare le immagini della propaganda deluchiana per comprendere che il Sindaco ha pensato ad una “forestazione” senza accennare piuttosto che, come si legge nella delibera della municipalità, “l’area verde del Parco Aldo Moro costituisce un importante polmone per la città alle pendici dell’antico Colle della Versa, un tempo dimora dei Cappuccini; all’interno dell’area sono stati individuati i cospicui resti parzialmente interrati di un forte del 600’, denominato “Batteria Spagnola” o “Fortino Vivonne”; nonostante la presenza di fabbricati dell’INGV presenti all’interno dell’area, buona parte della superficie (mq __) risulta pianeggiante e quindi particolarmente adatta alla fruizione da parte dei cittadini”.
“L’intento è quello di spendere soldi bypassando gli eletti nel territorio, come se tutto possa avvenire nell’arco di un blitz – continua Coletta – in verità lo stesso contratto del 1949 è stato allegato alla delibera, proprio per fornire un appiglio alla richiesta di rendere nullo un contratto stipulato secondo dei criteri mai ottemperati, e che fa del Comune da “propetario” ad “affittuario”. Ora non ci è dato conoscere quale “clausola” abbia modificato l’amministrazione, ma la verità è che bisognerebbe coinvolgere direttamente il Ministero competente, per verificare in maniera definitiva che in quella struttura l’INGV non ha mai attuato ricerca scientifica o monitoraggio.”
Insomma la vicenda appare chiara: la propaganda è servita, ma non per tutti.