di Michele Bruno – Era da molto tempo che aspettavamo di poter tornare a vedere uno spettacolo teatrale. La pandemia ci ha costretto a lungo a rinunciare alla bellezza della recitazione. Ed era da tempo che mancava anche la leggerezza, quella di poter ridere e sorridere senza pensare a nulla. Ci voleva questa spumeggiante versione di “Sogno di una notte di mezza estate” messa in scena dagli attori della Scuola Sociale di Teatro del regista messinese Daniele Gonciaruk.
Si può considerare una versione “postmoderna” della commedia di Sheakespeare. Sin dall’inizio siamo immersi in un’atmosfera senza tempo, in cui la città di Atene diventa la città del gioco e dello scherzo.
I personaggi non sono vestiti in abiti ateniesi, sebbene Oberon, il re delle fate, raccomandi al suo folletto Robertino Buonalana (Robin Goodfellow nell’originale) di cercare un giovane abbigliato come un tipico cittadino di Atene del tempo, in cui è ambientata la commedia originale.
In realtà sembra di essere sospesi, guardando alle vesti dei personaggi, in un Otto-Novecento trasfigurato in fiaba. La giocosa confusione viene poi caricata ulteriormente fino ad esplodere in sana gioia nelle diverse esibizioni degli attori dedicate al mito di Raffaella Carrà.
Si tratta di un omaggio, che ha tenuto a precisare nella sua introduzione al pubblico lo stesso Gonciaruk, non è un tentativo di cavalcare l’onda del sentimento popolare per la sfortunata occasione della scomparsa della diva della televisione. In quello che sembra l’ormai lontano 2017, i diversi omaggi alla Carrà erano già presenti.
E’ una passione quella per Raffaella, che nasce nell’infanzia di Daniele Gonciaruk negli anni ’70-’80, quando, parole dello stesso, “In tv c’era solo Raiuno e Raffaella era tutto”.
Molto kitsch ma anche per questo molto divertenti e allegre sono proprio le fate, serve della Principessa Titania, che si esibiscono due volte in “A far l’amore comincia tu”, danzando e giocando. Altro omaggio a Raffaella è la canzone “Rumore”.
In tutto questo c’è spazio anche per l’esibizione finale di tutti i personaggi in “Fatalità”, versione grottesca e un po’ black humour della famosa canzone di Albano e Romina, “Felicità”, che viene iniziata a cantare dalla compagnia teatrale del simpatico Rocchetto e dei suoi compagni, umili lavoratori che si cimentano nella tragicommedia che inscena l’amore sfortunato di Piramo e Tisbe.
Personaggio che merita una menzione è proprio il folletto Robertino, che in questa versione diventa un confusionario e birichino rastafariano, abbigliato in abiti che ricordano la Giamaica.
Arriva ovviamente il lieto fine, e Lisandro ed Ermia, ma anche la giovane Elena innamorata di Demetrio, potranno finalmente avere pace e vivere il loro amore. E di una bella storia a lieto fine avevamo sicuramente bisogno.
E chissà, forse potremo risvegliarci presto e immaginare che tutto quello che abbiamo vissuto sia stato soltanto un “sogno”, come si convincono i protagonisti della storia.
Il “Festival Sheakespeariano dello Stretto” continuerà con “Sogno di una notte a Bicocca”, inscenata da una compagnia di detenuti, lo spettacolo itinerante “Sheakespeare Horror Story”, e il “Nudo Sheakesperiano” ambientato in un obitorio con le eroine del grande drammaturgo inglese.