L’assessore replica alle critiche di Messinaccomuna, che in un documento ha denunciato come nonostante l’amministrazione De Luca avesse promesso una Tari più leggera, ” oggi i messinesi pagano 10 milioni e mezzo in più che nel 2018, e sono stati tagliati circa 2,5 milioni di sgravi alle famiglie meno abbienti. Dove sono andati a finire questi soldi? All’azienda Tech di Floridia (SR), che nel 2020 risulta “infiltrata” dalla mafia e sottoposta ad amministrazione giudiziaria dal Tribunale. Adesso la stessa azienda prende migliaia di euro (in più) al giorno per fare quello che dovrebbe fare Messinaservizi: … raccogliere i rifiuti dalla strada”.
L’assessore Musolino ha messo in evidenza come prima dell’amministrazione De Luca la differenziata veniva svolta solo in alcune parti del primo e del sesto quartiere.
“Non rammentano che ancora a giugno 2018 (Accorinti è stato eletto sindaco nel 2013) la Raccolta Differenziata a Messina veniva svolta solo in alcune parti del primo e del sesto quartiere, di certo non era un servizio diffuso e neanche regolare considerato che arrivava con difficoltà al 10-12% – ha replicato la Musolino – Formalmente poi la differenziata era stata avviata anche per gli esercizi commerciali già dal 2016 ma i fatti di questi ultimi giorni ci hanno dimostrato quello che avevamo sempre sostenuto: si trattava di un servizio farlocco, al quale si sottraevano facilmente tutti coloro che ne avevano la possibilità ricorrendo all’uso dei cassonetti stradali che l’Amministrazione De Luca ha eliminato, dotando ogni utenza, domestica e commerciale, di mastelli e carrellati che sono stati acquistati dalla Messinaservizi grazie alle dotazioni economiche di cui è stata destinataria da parte del Comune”.
Per quanto riguarda i finanziamenti regionali, secondo l’assessore servirono solo a fare arrivare a Messina 34 costipatori (i mezzi pescespada) che svolgevano servizio solo in alcune zone della città (parte del I e del VI quartiere) e i mastelli sottolavello che venero distribuiti dalla amministrazione precedente su base volontaria e senza alcun registro di consegna, al punto che non è stato possibile sapere quanti di questi kit siano stati effettivamente distribuiti. “Alla faccia dell’organizzazione, del management e del piano industriale, che non è mai stato redatto dal precedente direttore generale il quale, come noto a tutti, è stato licenziato per l’evidente incapacità nella gestione della azienda il cui Cda ha già avviato le procedure per la nomina del nuovo Direttore Generale che si concluderanno a breve”.
L’assessore entra poi nel merito del confronto con le altre città: “Paragonare Verona a Messina – scrive Musolino – non apporta alcun contributo al dibattito se non si tiene conto che ancora a dicembre 2018 la Messinaservizi si presentava come una scatola vuota, una società fotocopia di quella fallita, con un parco mezzi vetusto e in parte inutilizzabile, incapace di gestire il servizio che le era stato affidato per la semplice ragione che non ne aveva né i mezzi né le risorse per farlo.”
L’assessore ricordaanche che al momento della sua istituzione Messinaservizi aveva un capitale sociale di appena 300mila euro e non avrebbe mai potuto raggiungere i risultati di oggi se il socio unico – ossia il Comune– non avesse fornito le risorse necessarie come l’acquisto/noleggio dei mezzi, l’assunzione di 150 dipendenti che si occupano solo della raccolta differenziata, implemento delle isole ecologiche, acquisto dii carrellati e mastelli per le utenze. “Basti pensare che per la gestione delle discariche post mortem (Portella Arena, Tripi modulo secondario, Valdina e Vallone Guidari) nel piano economico varato da Accorinti – continua Musolino – erano previsti solo 100mila euro pur sapendo che la spesa era decisamente più elevata. Solo per lo smaltimento del percolato di Portella Arena il Comune di Messina ha speso quasi 2 milioni di euro nel 2019…. e non ci risulta che a Verona la società di gestione dei rifiuti faccia anche queste attività… Del resto a Verona non devono garantire la pulizia di 56 km di spiagge e siamo sicuri che a Verona non ci siano torrenti, così come siamo quasi certi che i cittadini veronesi non abbandonino rifiuti, creando delle vere e proprie discariche, negli alvei dei torrenti e sulle spiagge”.
“In conclusione, passando alle motivazioni dell’aumento della Tari, osserviamo che gran parte dell’aumento della Tari per il 2021 è da imputarsi ai criteri dettati da Arera, che ha imposto ai Comuni di inserire nella tariffa anche il costo della gestione delle discariche post mortem, i crediti di dubbia esigibilità, il costo delle bonifiche delle discariche su suolo pubblico che prima venivano sostenuti con fondi a carico del bilancio. La ragione di tale diverso assetto è di matrice comunitaria, costituisce una diretta applicazione del principio sancito dalla Direttiva del Parlamento Europeo 19-11-2008 n. 2008/98/CE, ‘chi inquina, paga’ e dunque viene applicato come una sorta di sanzione anticipata, per cui i cittadini sono messi a conoscenza del costo del servizio aggravato dalle condotte illecite, nell’ottica di sensibilizzarli e farli migliorare. Dunque l’aumento del 9% è dovuto in parte ai servizi che di fatto vengono espletati ed in parte al diverso criterio imposto da Arera ma rappresentano un aumento che, se confrontato con altre città, è davvero ridotto (per l’anno 2021 a Genova la tari è aumentata del 21%, a Palermo è stato previsto un aumento del 23% con un servizio il cui costo è stimato in oltre 150 milioni l’anno!)”.
Sul costo della tariffa inoltre, incide anche il costo del trattamento della frazione umida del rifiuto che, a causa della assenza di impianti disponibili, viene trasportato fino a Mantova con un costo di 230 euro/tonnellata.