La fotografia che emerge dall’inchiesta della Procura di Messina che ha portato all’Operazione Provinciale, è quella di una rete di rapporti tra clan e ‘ndrine: da anni, infatti, una vera e propria “pax” mafiosa consente la gestione degli affari senza spargimenti di sangue. L’equilibrio si fonda sulla caratura criminale dei boss che nel caso di Lo Duca è riconosciuta anche fuori dai confini non solo del rione di Provinciale, ma anche del Messinese.
«Il gruppo Lo Duca – spiega il gip, come riportato da Gazzetta del Sud – ha contatti anche con il clan di Santa Lucia sopra Contesse, come emerge dagli incontri tra Lo Duca e Antonino Spartà (fratello di Giacomo)» registrati nell’agosto 2017. I rapporti sono ottimi anche con il clan Galli, a Giostra, secondo quello che il boss di provinciale definisce un legame di gratitudine e di “affetto” reciproco (testimoniato anche dal fatto che uno dei fratelli di Lo Duca ha lavorato per Peppe Irrera, genero di Galli). Così come è agli atti il rapporto “pacifico” con la famiglia Romeo, longa manus messinese dei Santapaola-Ercolano (la famiglia mafiosa che regge cosa nostra a Catania). In questo caso, però, il rapporto di forza non sembra paritario, tant’è che è Lo Duca a mettersi “a disposizione” per “qualsiasi cosa” dei Romeo.
Dalle intercettazioni, però, emerge anche che «Lo Duca intrattiene rapporti con i vertici di altre organizzazioni di cosa nostra palermitana, agrigentina e della ‘ndrangheta reggina».
Ad esempio il 18 dicembre 2017 Anna Lo Duca, su indicazione del fratello, «ha mandato telegrammi di auguri per le festività natalizie ai detenuti Sandro Lo Piccolo, Gerlandino Messina e Giuseppe De Stefano». Ma i rapporti con l’altra sponda della criminalità organizzata sono vari. Nell’aprile del 2018, ad esempio, Lo Duca incontra almeno due volte, nei pressi del bar di famiglia a Provinciale, Giovanni Morabito, nipote del “Tiradritto” Giuseppe Morabito, capo della cosca di Africo.