Il gup di Palermo, Alfredo Montalto, ha condannato all’ergastolo il boss Nino Madonia accusato di essere uno degli esecutori del duplice omicidio del poliziotto Antonino Agostino e della moglie Ida Castelluccio, uccisi il 5 agosto 1989. Il processo si è svolto con rito abbreviato. La Procura generale stessa aveva chiesto al giudice la pena dell’ergastolo.
Del duplice omicidio è imputato anche il boss Gaetano Scotto che, a differenza di Madonia, ha scelto il rito ordinario ed è stato rinviato a giudizio dal gup, mentre Francesco Paolo Rizzuto, in vita “amico” di Agostino, è accusato di favoreggiamento.
Dopo una lunga indagine a carico di Madonia, Scotto e Rizzuto, la Procura di Palermo aveva chiesto l’archiviazione ritenendo che non ci fossero elementi idonei ad andare a processo. L’inchiesta è stata avocata dalla Procura generale che ha invece chiesto il rinvio a giudizio degli imputati.
Agostino era un agente di polizia formalmente assegnato alle Volanti, mentre in realtà collaborava con i Servizi Segreti alle indagini per la cattura dei grandi latitanti di mafia. Insieme a Emanuele Piazza, anche lui assassinato, Giovanni Aiello, morto d’infarto due anni fa, Guido Paolilli, agente di polizia e ad altri componenti allora di vertice dei Servizi di sicurezza, avrebbe fatto parte di una struttura di intelligence che teneva rapporti poco limpidi, secondo la Procura, con alcuni esponenti di Cosa nostra.
Agostino avrebbe compreso le reali finalità della struttura a cui apparteneva, e avrebbe deciso di allontanarsene poco prima del matrimonio. Una scelta che, secondo gli inquirenti, ha pagato con la vita: un mese dopo le nozze lui e la moglie, che aspettava un bambino, sono stati uccisi a Villagrazia di Carini. A sparare un gruppo di sicari in motocicletta.
La Dia ha indagato sui rapporti tra esponenti delle istituzioni e i capimafia Madonia, boss di Resuttana, e Scotto, da sempre indicato come collegamento con appartenenti ai Servizi di sicurezza, e sulla figura di Aiello, noto come “faccia da mostro”, un personaggio con legami con ambienti della eversione nera. Decisive le dichiarazioni dei pentiti Vito Gelatolo, Francesco Marino Mannoia, Giovanni Brusca, Giuseppe Marchese, Francesco Onorato, ma anche di testimoni vicini ad Agostino, come colleghi e familiari. Ulteriori conferme sono venute dalle intercettazioni telefoniche, che hanno dimostrato il coinvolgimento della struttura di cui la vittima faceva parte nei depistaggi di alcune indagini.
Nel contesto della nuova inchiesta è emersa anche la figura di Francesco Paolo Rizzuto, soprannominato “Paolotto”, che nel 1989 era amico di Agostino e che la notte precedente al delitto aveva partecipato con la vittima ad una battuta di pesca. I due avevano dormito a casa di Agostino a Villagrazia di Carini. La mattina dopo, Agostino sarebbe andato in ufficio, mentre Rizzuto sarebbe rimasto dalla famiglia dell’agente. Secondo gli inquirenti in più occasioni avrebbe mentito su quanto accaduto nel giorno e nel luogo del delitto.
La mamma di Nino, Augusta, purtroppo, non ha fatto in tempo a poter arrivare a questo momento, che sembra portare vicini alla verità sulla morte della coppia. Papà Vincenzo invece, diventato simbolo della lotta per la Verità e la Giustizia per Nino e Ida, ha festeggiato, con evidente commozione, all’uscita dall’aula, con il segno della Vittoria e forse stavolta potrà tagliare l’iconica barba bianca che ha deciso di far crescere finché non si sarebbe giunti a conoscere quanto accaduto.
“Oggi è un giorno di grande gioia per me… Mi dispiace solo che oggi non c’è mia moglie con me… – ha detto Vincenzo – Mi auguro adesso che anche i mandanti possano essere condannati, mi auguro che gli esecutori parlino e dicano la verità così si toglierebbero un peso”. Ha poi aggiunto “E’ una vittoria per i magistrati onesti, e una verità di tutta l’Italia, perché le stragi di Palermo sono cominciate a casa nostra”.
A Nino e Ida Agostino è stato dedicato, alla sua fondazione, il Presidio di Libera a Messina (l’associazione che unisce realtà, nomi e numeri contro le mafie, presieduta da Don Luigi Ciotti).