di Salvatore Di Bartolo – L’acceso dibattito apertosi ormai da qualche giorno attorno alla traduzione gallo-italica del nome della città di San Fratello si arricchisce ogni giorno di nuove vedute espresse da diversi cittadini dell’antico borgo fondato dalla Regina Adelaide, e amanti della lingua sanfratellana.
Questa volta a prendere posizione sono stati gli amministratori del gruppo Facebook “San Frareu – Zzea parduoma u dialott dû nasc paies” (San Fratello – Qui parliamo il dialetto del nostro paese) Nicola Bellitto e Carmelo Faranda.
“Per la denominazione gallo-italica di San Fratello non c’è spazio per alcuna disputa o dubbio” esordiscono in una nota Bellitto e Faranda. “Tutti gli studiosi, già a partire dall’Ottocento, hanno sempre e unicamente scritto San Frareu; bisogna invece attendere la fine degli anni ‘80 per ritrovare improvvisamente l’indicazione toponomastica con la scritta San Frareau basata esclusivamente su una presunta percezione auditiva, “a arog”, senza il pur minimo rispetto per l’etimologia del termine. E’ interessante innanzi tutto notare che il Gallo-italico, mentre negli altri centri dello stesso ceppo subiva una pesante contaminazione dal siciliano, restando patrimonio parlato solo per studiosi ed appassionati, a San Fratello si preservò e negli anni ’60 ricevette linfa vitale dall’utilizzo che ne fecero studenti e professionisti riscattandolo da certi negativi pregiudizi. Ma il vero e grande fervore si ebbe in seguito agli studi del prof. Benedetto Di Pietro che, in stretta collaborazione col prof. Salvatore Trovato dell’Università di Catania, ha elaborato un sistema di scrittura completo con regole precise e ben definite e che lui stesso ha testato nella sua raccolta di poesie “A tarbunira”. E ancora di più in seguito alla creazione nel 2012, da parte di Carmelo Faranda, del gruppo Facebook “San Frareu – Zzea parduoma u dialott dû nasc paies”. Inoltre con la direzione scientifica del prof. Di Pietro, tanti altri, incoraggiati ed attratti dalle svariate tematiche proposte dal Gruppo, hanno incrementato con le loro composizioni il patrimonio letterario del Sanfratellano, vedi ad esempio le seguenti opere: “Chjiéchiari a d’aumbra di Rracafart” di A.Versaci; “Nta li sträri e cunträri” di B. Lo Iacono; “Sbughjann nta li paradi” di B. Di Pietro e B. Iraci; “Parole Sanfratellane nel Web” antologia (AA.VV), “Pinsier, emuzziuoi, rrigard” di G. Cancelliere, “Cû gruopp a la gaula” di G. Mazzullo; “Ô frosch” di B. Di Pietro, ultima sua opera. In tutte queste pubblicazioni San Fratello e così pure il nome proprio Filadelfio è stato sempre scritto “Frareu”.
“Tutto ciò mentre altri cultori – proseguono Bellitto e Faranda – pur avendo raccolto glossari del Sanfratellano parlato, non sono in grado di scrivere in gallo-italico sanfratellano neppure brevi testi se non con sistemi empirici, fuorvianti e che non tengono conto delle più elementari norme. Prova ne è che nei mesi scorsi, prontamente e per primi, siamo stati costretti a segnalare che gli Amministratori del “Palio di San Filadelfo” in una iscrizione toponomastica, scrivendo “Cian du Munumant” invece di “Cìan dû Munumant”, hanno commesso due errori in tre parole. Ed anche nei giorni scorsi, a malincuore abbiamo dovuto rilevare che coloro che nel blocco marmoreo posizionato nel quartiere Portasottana hanno curato l’incisione del nome gallo-italico di San Fratello con San Frareau hanno incautamente riprodotto l’errore già presente nel cartello toponomastico stradale la cui correzione è stata più volte sollecitata alle varie Amministrazioni comunali succedutesi negli anni. Eppure, per evitare tali incresciosi episodi che suonano come offesa alla cultura sanfratellana, bastava poco: consultarsi con gli altri, con coloro che ne sanno di più. Ci auguriamo che chi di dovere intervenga per porre rimedio a tale scempio della nostra lingua“ concludono gli amministratori del gruppo Facebook appasionato alla lingua sanfratellana.