Fra Giuseppe Maggiore – Penso che sia opportuno in maniera particolare oggi rendere omaggio alla donna, spesso trattata come un oggetto, come qualcosa da usare per i propri scopi per poi liberarsene anche eliminandola a causa dell’egoismo e dell’istinto animale che a volte prevale su l’uomo. In questo ultimo periodo a causa del lockdown i casi di violenza subita dalle donne sono purtroppo aumentati.
Voglio rendere omaggio con un breve excursus biblico per evidenziare l’importanza della donna nella Storia della Salvezza.
Quando si parla della donna nella Sacra Scrittura, si pensa immediatamente ad una figura marginale adombrata dall’uomo che la sottomette perché è più debole, incapace di fare certi lavori, fragile e che il suo unico ruolo è quello di badare ai figli e alla casa.
La Parola di Dio smentisce questo stereotipo di donna. La Sacra Scrittura ci parla di donne piene di forza e dignità che hanno guidato, incitato e sono state punti di riferimento per il popolo di Israele
La Bibbia è una miniera di storie di vita, e questa miniera di storie è tutto meno che incentrata unicamente su figure maschili: Debora: giudice e profetessa che guidò Israele in una ribellione. Rut: giovane vedova immigrata in Israele che divenne parte della linea genealogica di Gesù. Ester: una regina eletta in un concorso di bellezza che finisce per affrontare l’uomo più potente dell’epoca e salvare un intero popolo. La donna di Proverbi 31: la descrizione di “donna ideale” della Bibbia è una persona conosciuta in tutta la città per il suo lavoro (gestisce vigneti, produce tappeti e vestiario), la sua saggezza, i suoi insegnamenti e l’aiuto agli indigenti. Maria: una giovane ragazza che diventa madre di Gesù (a cui Gesù stesso è stato “sottomesso” nella sua infanzia, Luca 2:51), la troviamo a Cana nel momento del Suo primo miracolo, ai piedi di della croce e presente nel giorno di Pentecoste. Tabita: una ragazza che, con il suo lavoro, aiutava i poveri della sua comunità. Lidia: una mercante che diventa fulcro della chiesa di Filippi. Priscilla: commerciante di tende, insieme al marito Aquila diventa collaboratrice di Paolo, istruisce Apollo, ospita una chiesa nascente. Ce ne sono anche tante altre (Anna, Abigail, la vedova di Sarepta, Maria Maddalena, Loide, Eunice, Febe, etc …) ma una cosa è certa, la Bibbia non è per niente “maschilista”.
Andiamo però con ordine. Il Libro della Genesi quando racconta che Dio ha creato l’umanità “a sua immagine”, creandola “maschio e femmina” (Gen 1, 27), mettendo in luce l’unità originale della coppia umana, della quale proclama la dignità.Dopo averli creati maschio e femmina trovò cosa molto buona la sua opera creatrice (Gen 1, 31). Ciò che mi preme evidenziare è che la donna è immagine di Dio come l’uomo, non ha nulla meno dell’uomo, porta in sé la stessa somiglianza con Dio. Secondo tale prospettiva, la diversità fra l’uomo e la donna non implica inferiorità di questa, né ineguaglianza, ma costituisce un elemento di novità che arricchisce il disegno divino, manifestandosi come cosa «molto buona».
La donna ha il suo proprio modo di assomigliare a Dio, che non è quello dell’uomo. Da ciò risulta un principio di grande importanza. Non è semplicemente per quello che hanno in comune (intelligenza, volontà, personalità) che l’uomo e la donna sono immagine di Dio, ma anche per ciò che hanno di specificamente maschile o femminile. La donna, in quanto donna, e in ciò che la differenzia dall’uomo, è riflesso della perfezione divina. Non vi è nulla di femminile che non sia, in quanto tale, portatore della somiglianza divina. Pensate alla mamma, espressione più alta della tenerezza di Dio. Per questo Giovanni Paolo I affermò che Dio è Padre ma anche Madre, frase che irritò non pochi componenti della Chiesa.
Nella coppia così formata, l’uomo è relativo alla donna come la donna lo è all’uomo. La complementarità gioca nei due sensi, secondo una reciprocità che non permette alcuna discriminazione. L’uomo è il complemento della donna così come questa lo è dell’uomo. Se si dovessero riprendere le parole di San Paolo in questa prospettiva, bisognerebbe dire: “L’uomo è stato creato per la donna, e la donna per l’uomo”.
Non scordiamoci che Dio ha scelto di venire al mondo come ogni uomo, da una donna.
Nel Nuovo Testamento con Gesù la donna a partire da Maria sua madre ha un ruolo importante all’interno del gruppo e nella Chiesa nascente. Le donne sono state parte integrante tra i Suoi discepoli (Luca 8:2) e nella cerchia delle sue amicizie più intime (Giovanni 11:5). Gesù ha simpatizzato, si è avvicinato e ha ridato dignità a donne considerate “intoccabili” dalla società del tempo perché straniere (Marco 7:26), impure (Luca 8:43-48) o adultere (Giovanni 8:3-11). Gesù si è mostrato per primo a delle donne dopo la sua risurrezione, che sono state le prime a dare la notizia agli altri discepoli (Luca 24:10). Con il suo modo di rivolgersi alle donne Gesù rinnova e demolisce i tre tabù della società ebraica: il tabù dell’impurità sessuale, la minorità della donna, l’impossibilità di rendere testimonianza.
Se Cristo stesso, Dio fattosi uomo, ha dato dignità alle donne quale cristiano può giustificare un comportamento che le degrada?
Una delle parole oggi più “scomode” che troviamo nel Nuovo Testamento associata alla figura della donna è “sottomissione”. In Efesini 5:22, ad esempio c’è scritto “Mogli, siate sottomesse ai vostri mariti”. Il concetto di sottomissione nei secoli è stato, grazie a certa religiosità, associato a una visione della donna ridotta a mera “schiava” della volontà del marito, a essere considerata inferiore all’uomo. Niente di più sbagliato.
È lo stesso capitolo 5 di Efesini che ci aiuta a capire meglio. Nel testo originale lo stesso termine del versetto 22 è usato poco prima in questo modo descrivendo la vita della chiesa: “Ma siate ricolmi di Spirito, parlandovi con salmi, inni e cantici spirituali, cantando e salmeggiando con il vostro cuore al Signore; ringraziando continuamente per ogni cosa Dio Padre, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo; sottomettendovi gli uni agli altri nel timore di Cristo”. (Efesini 5:18-21)
Ognuno di noi si deve sottomettere all’altro! E come? Servendoci a vicenda, considerando l’altro una priorità, mettendo i bisogni degli altri prima dei propri, avendo in noi lo stesso spirito e la stessa umiltà che ha animato Gesù (Matteo 10:35-45; Filippesi 2:1-11). Non prevaricare, non considerarsi superiori, servire per il bene altrui.
Ma non finisce qui, dopo il versetto incriminato che abbiamo citato prima, ecco come prosegue: “i mariti hanno la responsabilità di essere figura di Cristo per le mogli “(vd. il paragrafo precedente per capire di cosa parliamo) e per essere più chiari “i mariti devono amare le loro mogli, come la loro propria persona” (v. 28). No, non è scritto “i mariti devono amare le loro mogli, anche se inferiori alla loro propria persona”.
Quindi la chiara visione biblica dell’uomo come “capo famiglia” non è una questione di superiorità – inferiorità nella dignità ma semplicemente una questione di ruoli diversi. Come Gesù ha amato e servito la Chiesa con umiltà ecco che l’uomo ha il compito di essere un punto di riferimento, amare e servire la moglie, anche sacrificandosi per lei, aiutandola e sostenendola.
Dio ama la donna sua immagine e ha dato la vita anche per lei, e tu?