Nell’Ue occorre creare “un sistema di regole condivise per il salvataggio in mare e lo sbarco delle persone, senza criminalizzare chi salva vite in mare”, come le Ong, “perché adempie non solo ad un obbligo sancito dal diritto internazionale del mare, ma ad un obbligo morale”. Lo sottolinea il presidente del Parlamento Europeo David Sassoli, aprendo i lavori della conferenza interparlamentare sui migranti e l’asilo, a Bruxelles.
“Teniamo questa conferenza – continua Sassoli – a pochi giorni da una delle tante, troppe tragedie in mare nel Mediterraneo, tra la Libia e l’Italia. La Ong Open Arms, la sola che con la Guardia costiera italiana ogni giorno soccorre persone in quel braccio di mare, ci ha mostrato le immagini di una madre, stremata su un gommone, gridare e implorare i soccorritori di cercare il suo bambino perso in mare”.
“Quel bambino – ricorda Sassoli – aveva sei mesi, si chiamava Joseph, veniva dalla Guinea ed è morto poco dopo essere stato portato a bordo della nave di Open Arms, in attesa di soccorsi arrivati purtroppo troppo tardi. Voglio parlare di questo bambino perché dietro ai numeri di cui parliamo giustamente nell’analisi dei flussi migratori ci sono persone e ci sono storie”. A livello Ue è anche indispensabile, continua Sassoli, “un lavoro comune delle nostre forze di polizia e di intelligence per smantellare le organizzazioni criminali a capo del traffico di persone lungo tutte le rotte principali, in collaborazione con i nostri partner nei Paesi di origine e transito”.
Serve, aggiunge il presidente del Parlamento, una “ripartizione della responsabilità, che è collettiva, per l’accoglienza delle persone, per le operazioni di identificazione, l’esame delle richieste di asilo, l’accoglienza dei rifugiati, l’esecuzione delle operazioni di rimpatrio. Questo implica un impegno molto maggiore sia nella ricollocazione dei rifugiati all’interno dell’Unione che nel reinsediamento dei rifugiati da Paesi terzi. Dobbiamo definire percorsi legali alternativi per la protezione, come i visti umanitari”. Oltre al contrasto alla tratta di esseri umani, però, servono “canali legali per l’immigrazione per motivi di lavoro sulla base delle necessità dei nostri mercati del lavoro”.
“Per fare tutto questo – dice ancora – non possiamo agire in solitudine. abbiamo bisogno di partenariati globali, trasparenti e soggetti a controllo democratico tra l’Unione e i Paesi di origine e transito dei flussi migratori. Partenariati che non siano centrati sulle migrazioni, ma strategicamente coinvolgano vari settori, in particolare la cooperazione allo sviluppo, il commercio, gli investimenti, l’istruzione, i trasporti, la trasformazione digitale, la sanità e che costruisca percorsi regolati e controllati per la migrazione regolare per motivi di studio e di lavoro. L’Africa è un partner strategico e la nostra relazione con l’Africa è la sfida geopolitica che l’Unione europea deve senza indugio raccogliere, o altri lo faranno”.