È tornata a riunirsi la VII Commissione Consiliare Permanente, presieduta dal Consigliere Placido Bramanti, nell’Aula Consiliare di Palazzo Zanca, rinnovando il suo impegno nel sociale. Alla presenza di Angelo Costantino, Garante dell’Infanzia e dell’Adolescenza, si è discusso della proposta del Centro Giustizia Minorile Sicilia per la costituzione di Comunità specializzate per i minori con disturbi psichiatrici del circuito penale di Messina.
“L’obiettivo da raggiungere – ha sottolineato il Presidente Bramanti – è la creazione di luoghi di cura e la conseguente presa in carico di adolescenti con disturbi psichiatrici a rilevanza socio-sanitaria e/o provenienti dal circuito penale, al fine di offrire una pluralità di risposte diversificate e calibrate, in relazione all’esigenze del singolo, che permettano l’interazione tra Servizi socio-sanitari, Servizi socio-assistenziali e Servizi della Giustizia Minorile. Per questi adolescenti portatori di patologia psichiatrica grave, infatti, seppure la normativa italiana preveda strutture ‘alternative’ agli abituali istituti di pena, si verifica ancora che siano comunque detenuti in carcere. Per i minori nel circuito della giustizia penale, la competenza del Dipartimento per la Giustizia Minorile è limitata ai giovani adulti autori di reato che, in esecuzione di un provvedimento giudiziario, vengono in misura cautelare allontanati dal nucleo di origine ed inseriti presso comunità di accoglienza, ministeriali o convenzionate, per l’attuazione di progetti educativi alternativi alla pena detentiva. La maggior parte dei minori autori di reato è in carico agli uffici di servizio sociale per i minorenni, che seguono i minori in tutte le fasi del procedimento penale, in particolare nell’attuazione di provvedimenti giudiziari che non comportano una limitazione totale della libertà, in quanto la detenzione assume per i minorenni carattere di residualità, per lasciare spazio a percorsi e risposte alternativi, sempre a carattere penale. L’ultimo report del Dipartimento Giustizia minorile e di comunità, aggiornato al 15 agosto 2019, fornisce un quadro dettagliato ed allarmante: attualmente sono 1511 i minorenni e giovani adulti in carico ai servizi della giustizia minorile in Italia (in prevalenza maschi e di nazionalità italiana), divisi tra enti di prima accoglienza, comunità e istituti penali. Si rendono protagonisti soprattutto di reati contro il patrimonio, furti e rapine. Frequenti sono anche le violazioni delle disposizioni in materia di sostanze stupefacenti, mentre tra i reati contro la persona prevalgono le lesioni personali volontarie. All’interno del report ‘Minorenni e giovani adulti in carico ai servizi minorili’ del ministero della Giustizia, la Sicilia risulta essere la regione con il numero più elevato di minori e giovani adulti, fino ai ventiquattro anni, in carico agli Uffici di servizio sociale per i minorenni. Infatti, dall’inizio dell’anno allo scorso 15 luglio ammontano a quota 3.660: praticamente un minore o giovane adulto su cinque in carico agli Ussm (Ufficio di Servizio Sociale per Minorenni) si trova nella nostra regione!
“Negli ultimi anni – ha proseguito Bramanti – si sta assistendo peraltro ad una sempre maggiore applicazione dei collocamenti in comunità: nell’ultimo triennio risultano presenti nelle comunità 999 giovani, un dato in crescita del 16,2 per cento rispetto all’anno precedente. Nell’otto per cento dei casi fanno parte della fascia di età compresa tra i 14 e i 15 anni, mentre gli altri si dividono quasi esattamente tra 16-17enni e maggiorenni. Di fondamentale importanza sono anche i profili sanitari di queste strutture di accoglienza semiresidenziali e residenziali terapeutiche per minori, in quanto va considerato che alcune di esse non possono fornire un adeguato supporto psicologico ai soggetti: purtroppo nel Paese non tutte le regioni e le ASL sono organizzate nello stesso modo, quindi ci sono ambiti di eccellenza e di presa in carico garantita e continuativa del paziente, altri assolutamente inadeguati o carenti. Sono necessari, infatti, interventi sanitari terapeutico-riabilitativi ed interventi sociali educativo-pedagogici, a sostegno di questi minori. Un altro rilevante è la territorialità. Dai dati disponibili risulta che la maggior parte degli inserimenti residenziali terapeutici e riabilitativi dei minori con disturbi neuropsichici avviene oggi ad una significativa distanza dal luogo di residenza, con numerose conseguenze negative che rendono più difficile il reinserimento sociale nell’ambiente di provenienza”.
“È dunque evidente la carenza di luoghi adatti per la presa in carico dell’adolescente così come la necessità di implementare i livelli di integrazione all’interno della rete dei servizi. Prosegue il presidente– I servizi e le strutture sociosanitarie, della giustizia, degli enti locali si trovano, spesso, a non avere risposte in tema di emergenza psichiatrica in età evolutiva, questo a causa di varie lacune del sistema quali la carenza di strutture socio-educative destinate ad adolescenti di età compresa tra i 16 ed i 21 anni o la necessità di un intervento sanitario per un inquadramento diagnostico precoce e di un progetto terapeutico da effettuarsi presso strutture sanitarie (Centri Diurni e Comunità Terapeutiche) o socio-educative per lo più assenti sul territorio. Tutto ciò rende, di fatto, difficile l’applicazione di misure penali diverse dalla detenzione, previste da Processo Penale Minorile, per quei minori in carico ai Servizi della Giustizia Minorile che presentano situazioni in cui la presenza di una problematica psicopatologica si associa o trova espressione nella commissione di un reato, con la conseguenza di dover ricorrere a strutture non idonee o dislocate in altre regioni, con evidenti ricadute sul percorso del minore derivanti dall’allontanamento dal proprio ambiente e contesto di vita. Analizzando le cause che spingono i ragazzi a commettere reati, tra le più frequenti vi sono situazioni familiari problematiche, anche legate a difficoltà economiche: stati di povertà che limitano e talvolta isolano ed emarginano. E rimanendo in tema di emarginazione, possiamo affermare che coloro i quali vivono in aree periferiche svantaggiate o appartengono a minoranze etniche sono più portati a diventare piccoli delinquenti, a causa della difficoltà ad essere accettati dalla società. In particolare, la provincia di Messina, connotata da una economia fortemente segnata dal calo della presenza delle imprese attive nei settori classici produttivi come l’industria, le costruzioni e il manifatturiero ed anche delle attività commerciali, presenta un contesto che certamente incide sul fenomeno in oggetto. Le situazioni di povertà e di impoverimento assumono configurazioni diverse e hanno impatti su diversi ambiti esistenziali: mancanza di lavoro, di opportunità, di relazioni positive, malattia, fragilità psichica, solitudine, difficoltà di conciliazione, e molto altro ancora. A Messina esiste, e va riconosciuto, una realtà che emargina e che per lo più si identifica con le zone più periferiche della nostra città ed è inaccettabile che ancor oggi i nostri giovani vengano classificati già ‘delinquenti’ solo perché vivono in determinati contesti cittadini. È compito delle politiche sociali e delle politiche giovanili indagare le cause e i meccanismi che mettono in moto questa realtà e proporre situazioni validanti. Per contrastare i fenomeni di delinquenza minorile non è sufficiente la repressione, ma serve la costruzione di percorsi volti ad allontanare i minori dai contesti criminali che siano basati su lavoro e politiche di riscatto socio-economico.
“Esiste una realtà che deve essere curata e considerata – ha concluso il Presidente Bramanti – tra le fasce deboli, i minori con patologie psichiche e psichiatriche – che vivono in contesti difficili- vanno particolarmente considerati dalla società e dalle istituzioni. Specialmente per chi ha a che fare con la giustizia penale, occorre porre in essere non la solita e spesso controproducente repressione, ma il recupero. Se le condizioni familiari e sociali non sono all’altezza occorre il contributo delle istituzioni e nel nostro caso, oltre allo Stato, il Comune di residenza deve fare la sua parte. È per questo che la VII Commissione punta i riflettori su questo tema per troppo tempo taciuto perché forse ritenuto di secondaria importanza, ma questi nostri bambini, ragazzi, adolescenti, spesso colpiti anche da gravi patologie, non possono essere abbandonati al loro destino: aver cura di loro e delle loro famiglie è il compito che ci prefissiamo”.