di Luana Spanò – Questa è la storia di Ginevra Amerighi, una storia di violenza, privata della sua bambina di soli 18 mesi che ormai è giunta al suo decimo compleanno. Ginevra è una maestra delle elementari e ci racconta la sua storia dal suo giardino incantato dell’isola di Lipari.
Dopo aver lasciato Roma ha deciso di trascorrere il tempo, gli anni, che la separano dalla sua bambina in un luogo silenzioso quasi lontano dai rintocchi del tempo, “congelato”, così come si è congelata la sua vita, ferma al 23 marzo 2011, quando per decreto del Tribunale dei Minori è stata allontanata da sua figlia. Da questo luogo lontano, chiede da allora che sia fatta chiarezza sul “sequestro istituzionale”.
Da quel giorno, di una primavera appena iniziata, non ha più visto, né sentito, sua figlia perché il decreto non lo prevede. A loro non è stata data neanche la possibilità di sentirsi al telefono.
Già in precedenti interviste Ginevra ha raccontato delle percosse subite dal compagno. Il suo grande calvario comincia quando Ginevra decide di chiedere aiuto alle istituzioni e denunciare.
Inizia così, nel 2011, un processo penale che sarà del tutto ignorato dal Tribunale dei minori, dove nel frattempo l’uomo porterà avanti la battaglia per l’affidamento della figlia di pochi mesi.
Intanto, nel 2016, l’uomo, viene coinvolto nelle indagini della Procura insieme ad un esponente della Banda della Magliana, per un’inchiesta di corruzione.
Il processo penale si concluderà solo nel 2017 con la condanna in primo grado dell’ex compagno per lesioni.
Il tribunale dei minori inizialmente affida la bambina alla madre con il diritto di visita al padre, ma quando arriva la Ctu, tutto cambia. “Tratti istrionici e prognosticati comportamenti imprevedibili nel futuro”, questa la diagnosi e chi la firma invita Ginevra “a farsi curare” presso il centro di salute mentale indicato.
I servizi sociali di Lipari, dopo un’accurata indagine socio-ambientale, hanno redatto un’ottima relazione sulla vita di Ginevra. E come loro molti altri. Anche il neuropsichiatra prof. V. Volterra si è dichiarato sconcertato dopo aver visionato la perizia psichiatrica fatta a Ginevra, poiché come afferma “avrebbe tutte le carte in regola per vincere questa battaglia giudiziaria”.
Messa ancora una volta al vaglio del giudizio altrui, cerca di resistere, “l’ennesima violenza che mi hanno fatto è quella di farmi passare per una persona instabile. Illazioni da cui mi sono dovuta difendere”.
Il 2 ottobre un’altra udienza respinge la richiesta di potere anche solo sentire sua figlia al telefono.
Credi che tua figlia ti stia aspettando?
“Lei sta crescendo con l’idea, sicuramente inculcata, dell’essere stata abbandonata da una madre malata di mente. Credo tuttavia che sia combattuta. So che vuole vedermi”.
Hai mai visto una sua foto?
“Sì. Grazie ad una mamma come me. Aveva tre anni in una delle sue uscite al parco. Era totalmente diversa da quando l’avevo lasciata. Per me quella foto è stata un colpo al cuore. Ne ho poi visto un’altra qualche anno dopo”.
Come si sopravvive al dolore per una figlia che ti è stata portata via?
“Inizialmente prevale la rabbia, poi arriva la speranza, poi ti congeli. Non guardi indietro, non conti più gli anni, le ore che stai perdendo, che lei sta perdendo. Il dolore ti devasterebbe. Sai che devi guardare al futuro, anche se non riesci a farlo con entusiasmo o gioia, perché di questo sono stata privata dal dolore che ho vissuto e sto vivendo. La mia vita si è fermata dieci anni fa, ma so che devo continuare a guardare avanti per la mia bambina. Mi preparo ad accoglierla, perché lei dovrà trovare una mamma forte, un sostegno e non una donna ridotta come volevano loro”.
Hai mai pensato ad un’altra maternità? A rifarti una vita?
“Mi chiedo cosa significhi farsi un’altra vita. Sono completa anche senza un uomo, se questa è la domanda. Non ho mai pensato ad un altro figlio dopo Arianna. Ecco! Forse un altro figlio sarebbe stata una nuova vita e io non avrei mai potuto cominciarne un’altra sapendo che quella precedente era stata interrotta”.
Credi che le violenze vissute abbiano condizionato in qualche modo le tue scelte?
“È difficile tornare a fidarsi di un uomo. C’è sempre una parte di me che non si fida, che teme”.
Cosa racconterai a tua figlia quando la rivedrai?
“Non parleremo del passato e di tutto il dolore. Guarderemo avanti e cercheremo di recuperare il tempo perduto e poi potrò consegnarle il libro che ho scritto per lei, Avrei voluto raccontarti le favole. Il libro è l’insieme di tutta la documentazione che ho raccolto in questi anni, così che lei possa conoscere la verità. Se a me dovesse succedere qualcosa, se dovessi morire, voglio lasciare una testimonianza”.
Se potessi, quale valore forgeresti nei tuoi alunni?
“La lealtà!”