di Paolo Borrometi – Andrò controcorrente, ma ciò che sto vedendo non mi piace e mi preoccupa. Non abbiamo bisogno di “sindaci sceriffi”, ognuno deve fare il proprio dovere – e sarebbe già parecchio – denunciare quello che non va, ma senza inasprire gli animi.
Ai tanti che mi chiedono cosa penso dell’atteggiamento del primo cittadino di Messina, Cateno De Luca, rispondo con due parole: serve sobrietà. Bene fa il sindaco di Messina, come qualsiasi altro sindaco, a mettere in luce le emergenze – a maggior ragione sanitarie – ma dovrebbe farlo tramite i canali istituzionali, cercando di risolvere il problema, non fomentando i cittadini già esasperati dalla “reclusione” domiciliare.
La soluzione di “chi la spara più grossa” non è una soluzione. Diventa un altro problema.
Ho sentito De Luca apostrofare in vario modo, nell’ordine: il ministro dell’Interno, il prefetto di Messina, il presidente della Regione. Altri? Non scherziamo, si denunci ciò che non va, ma prevalga lo spirito costruttivo ed il rispetto del lavoro altrui.
Guardate l’azione del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, silenziosamente efficace. Poche parole, anche dure, quando servono.
Le Forze dell’ordine fanno il proprio dovere, il presidente della Regione Sicilia, Nello Musumeci, guida saldamente la macchina della Regione, i Prefetti in silenzio stanno svolgendo il loro compito delicatissimo.
Questo è il modo migliore di stare accanto ai tanti medici, paramedici, infermieri che sono sul fronte più duro, a rischio della propria vita: le corsie degli ospedali. Noi tutti dobbiamo fare la nostra parte, rimanendo “a casa”, ma in maniera operosa e con il lume della ragione sempre acceso. C’è spazio per la protesta, certo, ma qui abbiamo l’abitudine di guardare i fatti, i numeri: la luce in fondo al tunnel (in base ai dati degli ultimi due giorni) inizia a vedersi.
Non permettiamo a chi cerca ‘like’ sui social e qualche minuto di televisione di deviarci dalla strada che abbiamo intrapreso, non diamo spazio all’autodistruzione delle Istituzioni della Repubblica, perché così facendo, polverizziamo noi stessi.
Siamo distanti eppure non siamo mai stati così vicini in un comune destino. Serve fiducia nelle istituzioni. Verrà il tempo dei bilanci, del dritto e del rovescio, ma adesso c’è bisogno di lavorare tutti, “pancia a terra”: bisogna prima di tutto salvare la vita di chi è stato colpito più duramente dal coronavirus.
Chi dice con sollievo che tanto “muoiono gli anziani”, non ha ben compreso che c’è in gioco non il passato “dei vecchi”, ma il futuro dei figli, dei nipoti. I nonni, i padri, siamo noi. Senza ieri non c’è domani. (AGI)