di Fra Giuseppe Maggiore – Dal Vangelo secondo Giovanni In quel tempo, Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo».
Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe», che significa “Inviato”. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.
Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?». Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». Allora gli domandarono: «In che modo ti sono stati aperti gli occhi?». Egli rispose: «L’uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, me lo ha spalmato sugli occhi e mi ha detto: “Va’ a Sìloe e làvati!”. Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista». Gli dissero: «Dov’è costui?». Rispose: «Non lo so».
Condussero dai farisei quello che era stato cieco: era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!». Ma i Giudei non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. E li interrogarono: «È questo il vostro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci vede?». I genitori di lui risposero: «Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco; ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha l’età, parlerà lui di sé». Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. Per questo i suoi genitori dissero: «Ha l’età: chiedetelo a lui!».
Allora chiamarono di nuovo l’uomo che era stato cieco e gli dissero: «Da’ gloria a Dio! Noi sappiamo che quest’uomo è un peccatore». Quello rispose: «Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo». Allora gli dissero: «Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?». Rispose loro: «Ve l’ho già detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?». Lo insultarono e dissero: «Suo discepolo sei tu! Noi siamo discepoli di Mosè! Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia». Rispose loro quell’uomo: «Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla». Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori.
Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui. Gesù allora disse: «È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi». Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: «Siamo ciechi anche noi?». Gesù rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: “Noi vediamo”, il vostro peccato rimane».
“Il popolo che vagava nelle tenebre vide una grande luce”, questo è ciò che mi è venuto in mente immediatamente dopo aver letto questo capolavoro letterario dell’evangelista Giovanni, soffermandomi a ciò che sta accadendo. In questo tempo dominato da un virus che sta seminando morte, paure, che sta mettendo in ginocchio l’economia, che sta frammentando ancora di più la politica, che ci sta facendo capire che non siamo invincibili, in questo tempo di emergenza sanitaria che molti definiscono erroneamente stato di guerra, il racconto del cieco nato è quell’antidoto che serve a dare speranza.
Accogliere la Parola del Vangelo, farla propria, farsi guidare come se fosse una torcia che ci fa attraversare le zone oscure, significa essere come chi sta in una stanza buia da tutta una vita e, d’improvviso, qualcuno spalanca le ante e lascia entrare la luce. La stanza è la stessa ma ora forme, colori, spazi hanno un significato diverso.
L’esperienza che fa il cieco nato mendicante, giudicato peccatore, è proprio questa. Egli è un uomo abituato a convivere con le tenebre e col giudizio. A nessuno importa di quel cieco, eppure è seduto a chiedere l’elemosina da anni e mai nessuno si è fermato per fare qualcosa per lui. L’interesse c’è ma non è quello che promuove: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». Bisogna trovare sempre un capro espiatorio. Dio non punisce, non va in cerca del colpevole per condannarlo ma per perdonarlo. Ciò che succede oggi nel mondo, la guerra, il coronavirus, le malattie varie… siamo sicuri che vengono da Dio? O forse molte situazioni sono conseguenza dell’agire dell’uomo?
Eppure Dio si fa uomo per stargli vicino contaminarsi con la sua umanità. Dio si ferma davanti all’uomo in difficoltà, non si preoccupa di chi è la colpa, ma da buon Samaritano si rende presente in ogni uomo che accoglie il bene, che accoglie la luce e la trasmette agli altri. Facciamoci travolgere da questa nuova creazione che Gesù opera nel cieco, facciamoci avvolgere dalla luce della Parola, per non cadere nel giudizio gratuito, nel puntare il dito, nel sentirci arrivati. Dio con la sua presenza fa luce nel nostro cuore e nella nostra mente e si fa prossimo proprio tramite fratelli e sorelle che donano il loro tempo le loro competenze agli altri. È Cristo che opera nei medici, negli infermieri, nei camionisti, nelle forze dell’ordine e in tutti coloro che in questa emergenza danno quel barlume di speranza, ciò che è necessario è saper vedere ciò che ci circonda con occhi nuovi. Aver fede è acquisire, una visione nuova delle cose, saper leggere la realtà con occhi da illuminati.
Come i farisei anche a noi capita di non gioire, di non danzare per le cose belle che il Signore concede all’altro. I farisei non hanno emozioni, affetti. Si sono ritagliati il ruolo di difensori di Dio. Investigano, interrogano, chiedono, accusano, sono incapaci di vedere la potenza di Dio che agisce in ogni uomo in maniera particolare negli ultimi, negli emarginati. A Gesù non interessa l’osservanza scrupolosa della legge, ciò che importa veramente è l’amore che s mette nelle cose che si fanno. Sapere tutto delle regole morali e poi essere analfabeti dell’uomo non serve a nessuno. La gloria di Dio è l’uomo, è un diversamente abile, è un barbone, è un immigrato, è la donna che costretta a stare a casa è oggetto di violenza più di ieri… gloria di Dio siamo io e te con i nostri limiti, le nostre fragilità, le nostre debolezze, ma anche con i nostri doni. La gloria di Dio come diceva don Primo Mazzolari è l’uomo che grazie ad un altro uomo è promosso a essere umano. Noi siamo luce che va liberata se capaci di caricarci alla sorgente di luce, Dio.