di Umberto Parlagreco – Potrebbe andare peggio, potrebbe piovere. Citazione opportuna in questo periodo in cui il mondo si trova a fronteggiare una situazione inedita. E che l’Italia non fosse preparata ad un’epidemia lo dimostra, tra le altre cose, un’informazione schizofrenica, che prima semina il panico creando psicosi tra la gente, poi il giorno dopo minimizza un fenomeno che sicuramente non è da prendere alla leggera, ma non è nemmeno l’apocalisse che in certi momenti sembra essere.
L’Italia improvvisamente si è trovata a fronteggiare e gestire il contenimento di un virus influenzale molto aggressivo, pericoloso soprattutto per le fasce deboli della popolazione, con un sistema sanitario che eccelle nel reparto umano, ma che non ha le strutture per gestire migliaia di potenziali infetti.
Non è il mio mestiere e non mi sognerei mai di criticare le misure davvero senza precedenti prese dal governo; le regioni più produttive del paese quasi immobilizzate: scuole chiuse, manifestazioni annullate (persino il carnevale di Venezia) e soprattutto cinema e teatri chiusi.
Ovviamente quello che mi riguarda in prima persona è il mondo cinema. La chiusura dei cinema del nord Italia, che rappresentano circa il 50% del mercato, ha causato lo slittamento di tutti i film più importanti: doveva essere il weekend di Carlo Verdone, ed invece il suo film è stato rimandato a data da destinarsi, così come tutte le altre uscite.
Inutile dire che in questa situazione, restare aperti è un atto eroico, senza prodotto da vendere diventa impossibile, o quasi, contenere le spese di gestione. E, in attesa che il governo prenda delle decisioni per cercare di ammortizzare l’enorme danno causato da tutto questo, il sistema cinema è fermo, immobile, cercando di capire cosa fare. Gli esercenti, soprattutto coloro che non fanno parte delle zone a rischio e che non hanno quel paracadute che il governo sta studiando per aiutare chi invece è stato costretto a chiudere, sono preoccupati. In Sicilia ci sono 250 schermi che non potranno andare avanti a lungo in questa situazione. Si parla di chiudere i cinema, mettere il personale in ferie fino allo sblocco della situazione per minimizzare il danno: ma le ferie vanno pagate, così come i mutui, le tasse e via dicendo.
Io però, e il mio lavoro in questi anni credo lo dimostri, ho sempre creduto che il cinema non è mai stato mio, ma di chi lo frequenta; ho sempre pensato che, nonostante gestire un cinema sia senza ombra di dubbio una faccenda imprenditoriale (e mio papà era bravissimo in questo), è anche un luogo di aggregazione e di divulgazione culturale fondamentale per il tessuto sociale cittadino. Ed è sempre così che ho cercato di gestire il mio cinema, pensando al fatto che una storia raccontata in una sala buia, con lo sguardo rivolto verso l’alto, sia per l’essere umano un’esperienza vitale, come il cibo, come il sesso.
E allora, dopo un primo momento di confusione, ho pensato che questo periodo poteva essere un’occasione per aprire il cinema al mio pubblico. In genere la nostra programmazione, come quella di tutti i cinema, viene dettata, giustamente, dalle nuove uscite, dai blockbuster americani, dalle mille commedie italiane, e da un mercato che fatica a differenziare l’offerta, cercando di andare sul sicuro.
E, visto che il cinema non è mio ma di chi lo frequenta, ho pensato che i social, in questo caso Facebook, molto spesso usato in maniera discutibile, poteva essere un ottimo strumento per tastare il polso alla mia clientela.
I 2 post in cui chiedevo a chi segue la pagina consigli su cosa programmare in queste settimane di buco, sono diventati ben presto virali. Con oltre 500 commenti e decine di condivisioni, cosa commovente, ho avuto molte idee su come superare questo momento di crisi.
Mi sono reso conto che alle volte ci sono alcune situazioni che sembrano non avere via d’uscita, ma in quelle situazioni forse è necessario armarsi di pala e piccone e costruirsela quella via d’uscita. Ed è nato questo tam tam in rete: va in scena la resilienza.
La capacità di un materiale di assorbire un urto senza rompersi. Ho raccolto tutti i consigli, moltissimi, ho selezionato quelli più fattibili (ricordo che per ogni titolo c’è sempre un problema di diritti ed autorizzazioni) ed ho impostato una programmazione alternativa. Iniziamo con una maratona di Ritorno al Futuro, omaggiamo Fellini con una copia restaurata di 8 e mezzo, riprendiamo un film poco visto, ma bellissimo, come Jojo Rabbit ed altre chicche che potrete trovare sul nostro sito.
Io non so se tutto questo funzionerà, se mi aiuterà a superare questo periodo inaspettato di crisi; so solo che la risposta del pubblico è stata commovente, che moltissimi ragazzi si stanno organizzando per far parte di questo meraviglioso fenomeno (a dispetto di chi dice che i giovani bla bla), e che da parte mia sono contento di dimostrare con i fatti, e non con le parole, che certe cose vanno al di là del mero calcolo statistico di entrate ed uscite, che noi in fondo vendiamo sogni, e finché l’essere umano è in grado di sognare, il Cinema non morirà.