di Fra Giuseppe Maggiore – Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù dalla Galilea venne al Giordano da Giovanni, per farsi battezzare da lui. Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?». Ma Gesù gli rispose: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia». Allora egli lo lasciò fare. Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui. Ed ecco una voce dal cielo che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento».
Giovanni il Battista, l’uomo duro, forte, solitario, l’uomo che non deve chiedere mai, come direbbe una vecchia pubblicità, l’uomo che vive il deserto, che si ciba di cose strane, che ha una moda tutta sua, proprio lui che non ha peli sulla lingua e che denuncia al popolo il rapporto illecito di Erode e richiama tutti a penitenza dando fastidio alle autorità, si proprio lui, Giovanni, entra in confusione con Gesù. Lui che ha urlato un Messia giudice, un battesimo di fuoco, una scure da mettere alla radice degli alberi per bruciare quelli che non danno buoni frutti, si ritrova davanti il volto di un Uomo che si confonde nella folla composta da peccatori, da gente emarginata… da invisibili, per usare un linguaggio biblico, dagli anawim, i privilegiati da Dio.
Giovanni, come tutto il popolo aspettava il Messia, colui che li avrebbe liberati dalla tirannia, dalla povertà, per dare dignità ad ogni uomo e mandare a casa lo straniero. Invece vede arrivare semplicemente un giovane più o meno trentenne che si immerge nell’acqua con i peccatori aspettando persino il turno per essere battezzato come uno qualunque. Il Battista avrà pensato: “E il fuoco? E il ventilabro? E la scure? E il giudizio? Dove sono?”
Accettando di battezzare Gesù, Giovanni cambia radicalmente la sua idea di Messia e accetta di sottomettersi al progetto di Dio che è accogliere e amare ogni umana creatura. Non deve essere stato facile per il Battista, davvero questa rivoluzione della tenerezza (come la chiama papa Francesco) deve averlo stravolto dentro. La visione di Giovanni, come quella di molti di noi oggi, specie in ambito religioso, era refrattaria ai cambiamenti, piuttosto volta all’indietro quasi con nostalgia di ciò che è passato. Il card. Martini nell’ultima intervista fatta nel 2012 disse che «La Chiesa è rimasta indietro di 200 anni». Forse all’inizio di un nuovo decennio sembra che, invece di aver recuperato il tempo perso, abbiamo aumentato il divario. E come se non ci rendessimo conto del cambiamento repentino che il mondo opera, gli uomini sono cambiati, la società è cambiata, la famiglia vive altre realtà; tutto questo provoca sconcerto, disorientamento, preoccupazione, impotenza che generano spinte di radicalizzazione, dogmatismi, appello alle norme, ai codici. Invece di affrontare il tutto con cuore aperto, capire che non siamo i detentori di tutta la verità, avere il senso della incompiutezza, scoprire la ricchezza di un pensiero diverso ed essere capaci di accogliere le novità, ci chiudiamo a riccio e ci appelliamo alla tradizione, non preoccupandoci di leggere i segni dei tempi o discernere qual è la volontà di Dio, ma addirittura far passare la nostra come volontà divina scagliandoci anche contro il Padre Eterno, perchè contro il papa l’abbiamo fatto già.
La prospettiva che Gesù ci offre divenendo uno dei tanti ed essere il Dio con noi e tra noi, non è quella offerta dalla tradizione; a Gesù sembra mancare qualcosa alla sua umanità: il peccato. Andando al Giordano è come se Gesù mostrasse l’amore che ha per l’umanità in cerca di riscatto. Entrando nell’acqua Gesù entra nella vicenda umana carica di peccato: Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio (2Cor 5,21).
Gesù facendosi carico del peccato della umanità, mostra il suo volto che non è del castigatore o vendicatore, di chi punisce e opera stermini, ma è il volto della misericordia e dell’amore, il volto di chi accoglie e di chi viene accolto. Giovanni riconosce quel volto e cambia opinione, battezzando Gesù adempie ad ogni giustizia. Una giustizia che non ha niente a che fare con la giustizia degli uomini, quella che si esprime con le leggi e decreti disumani, che è amministrata nei tribunali, mantenuta dalle forze dell’ordine. Neppure quella espressa dai Canoni e dai precetti della Chiesa; la dobbiamo intendere piuttosto con fedeltà, Dio è giusto perché è fedele a se stesso (2Tm 2,13).
La scelta di Cristo deve essere la scelta di ogni cristiano, chiamato ad immergersi in Cristo ed avere i suoi stessi sentimenti di apertura all’altro. Cristo immergendosi nell’acqua con coloro che erano considerati peccatori e impuri si immerge nella solitudine di ognuno di noi, nelle nostre fragilità e debolezze, standoci vicino in ogni circostanza… anche nel peccato.
Tocca a noi immergerci in Cristo, lo abbiamo fatto il giorno del nostro battesimo, ma occorre farlo quotidianamente, prendendo coscienza del nostro essere figli di un Dio che si compiace di noi ogni qualvolta usciamo da acque torbide per immetterci in una nuova dimensione e farci trascinare dalla potenza dello Spirito, partecipando ad una nuova creazione, che inizia con l’ascolto del Padre che ci esorta ad ascoltare il Figlio Gesù.
Solo con l’ascolto dell’Amato abbattiamo l’egoismo che separa e mette muri e fili spinati. Facendoci carico dell’umanità, come Cristo apriremo i cieli per dar spazio allo Spirito di Dio che aleggia come colomba annunziando che in Cristo Signore l’umanità è liberata, trasformata in una creatura nuova e ogni uomo e donna capace di entrare in un sistema Trinitario che è comunione con Dio e i fratelli, può diventare vero strumento di pace.