Le sezioni unite penali della Cassazione hanno stabilito che non è più reato coltivare minime quantità di cannabis in casa.
Si è sentenziato per la prima volta che “non costituiscono reato le attività di coltivazione di minime dimensioni svolte in forma domestica” e “per le rudimentali tecniche utilizzate, lo scarso numero di piante ed il modesto quantitativo di prodotto ricavabile appaiono destinate in via esclusiva all’uso personale del coltivatore”.“
“La svolta positiva della Cassazione sulla liceità della coltivazione domestica della cannabis è piena di ragionevolezza. Si rompe un tabù – dichiara il segretario di Più Europa Benedetto Della Vedova – Ora andiamo avanti: con la legalizzazione della cannabis avremmo più sicurezza e miliardi”.
Ecco cosa si legge nella storica sentenza:
“Il reato di coltivazione di stupefacenti è configurabile indipendentemente dalla quantità di principio attivo ricavabile nell’immediatezza, essendo sufficienti la conformità della pianta al tipo botanico previsto e la sua attitudine, anche per le modalità di coltivazione, a giungere a maturazione e a produrre sostanza stupefacente; devono però ritenersi escluse, in quanto non riconducibili all’ambito di applicazione della norma penale, le attività di coltivazione di minime dimensioni svolte in forma domestica, che, per le rudimentali tecniche utilizzate, lo scarso numero di piante, il modestissimo quantitativo di prodotto ricavabile, la mancanza di ulteriori indici di un loro inserimento nell’ambito del mercato degli stupefacenti, appaiono destinate in via esclusiva all’uso personale del coltivatore.”
“Il problema però – spiega Giulia Crivellini, tesoriera di Radicali Italiani – è che di fronte a sentenze pur sagge e (apparentemente, perché abbiamo solo un dispositivo) molto lineari, non è scontata la conseguenza di un’applicazione – da parte di tutti i soggetti interessati, dalle forze dell’ordine ai tribunali – altrettanto saggia e lineare. E soprattutto, omogenea. Non lo è affatto.
Il legislatore, in ogni paese, dovrebbe avere proprio questa funzione: dettare regole generali, chiare e valevoli per tutti indistintamente. Chiare, soprattutto. Di buon senso, anzitutto. E allora il legislatore colga questa occasione per tirare fuori il coraggio che fin’ora non ha dimostrato. Il Parlamento doti questo paese di una buona legge sulla legalizzazione. Conviene a tutti”.