Le mani della ndrangheta nell’ateneo messinese: emerge anche questo dall’inchiesta firmata da Nicola Gratteri che ha travolto i mammasantissima calabresi, con 334 arresti in Italia e all’estero. Nelle carte degli inquirenti, come riportato dal Il Messaggero si parla anche delle difficoltà a superare l’esame di Istologia della figlia del boss Luigi Mancuso, Teresa, studentessa alla Facoltà di Medicina e Chirurgia al Policlinico universitario di Messina e dei colloqui tra l’ex onorevole avvocato Giancarlo Pittelli (considerato “l’uomo dei boss”) e il rettore Cuzzocrea tramite l’avvocato Candido Bonaventura.
La figlia di Mancuso – secondo quanto riporta il quotidiano – è studentessa all’Ateneo di Messina. La ragazza ha problemi a superare l’esame di Istologia, di cui il prof. Domenico Puzzolo è il titolare della cattedra. Michela Allegri e Giuseppe Scarpa del Messaggero scrivono: “Il penalista convoca il rettore. A raccontare l’episodio è lo stesso politico in una conversazione intercettata ad aprile 2018. Teresa la figlia (di Mancuso, ndr) viene all’aliscafo (a Messina, ndr) e dice “avvocato, non riesco a superare Istologia, perché è un professore stronzo”. Le dico: “Vieni con me tesoro, vado all’Università, chiamo l’avvocato Candido (Bonaventura, nella foto, nrd), il cugino del nuovo rettore Cuzzocrea e dico “Mi trovi tuo cugino?”. “Sì, guarda Giancarlo, dieci minuti e siamo al ristorante da te”. Vengono davanti al tribunale: “Teresa sai chi è questo signore?”. “Sì, il rettore della mia Università…”.
C’è, scrive il gip nell’ordinanza, una “contiguità costante o, per meglio dire, la partecipazione vera e propria alla consorteria”: Pittelli non è un “mero concorrente esterno” ma “l’affarista massone”, “dotato di un ruolo suo proprio”. Quale sia il ruolo di Pittelli, il Gip lo spiega ricostruendo tutte le volte che i boss si sono rivolti a lui. Lo fa,per l’appunto, Luigi Mancuso affinché l’ex senatore si desse da fare con i suoi amici all’università di Messina per far passare un esame alla figlia. E lui non si tira indietro. “Vieni con me tesoro, vieni con me – dice ad un’interlocutore raccontando cosa disse alla ragazza – vado all’università, chiamo l’avvocato Candido che è il cugino del nuovo Rettore, il rettore hanno fatto Cuzzocrea, che questo rettore io ho difeso il padre ad un processo che era l’ex rettore…e allora chiamo il rettore”.
E, aggiunge, “questa ragazzina scoppia a piangere e mi faceva ‘troppo avvocato, troppo avvocato troppo’.”.
Complessivamente sono 416 gli indagati dell’inchiesta, accusati a vario titolo di associazione mafiosa, omicidio, estorsione, usura, fittizia intestazione di beni, riciclaggio e altri reati aggravati dalle modalità mafiose. I provvedimenti prendono le mosse da un’articolata attività investigativa, condotta dal raggruppamento e dal comando provinciale di Vibo Valentia in direzione del contesto ‘ndranghetistico vibonese, con il coordinamento della Dda catanzarese.
“Le indagini avrebbero consentito di ricostruire con completezza gli assetti di tutte le strutture di ‘ndrangheta dell’area vibonese e fornito un’ulteriore conferma dell’unitarietà dell’organizzazione criminale, al cui interno le strutture territoriali godono di un’ampia autonomia operativa, seppur nella comunanza delle regole e nel riconoscimento dell’autorità del Crimine di Polsi.
A capo della struttura si sono alternati, negli anni, esponenti della cosca “Mancuso”, quali Giuseppe Mancuso, Pantaleone Mancuso, e, da ultimo, Luigi Mancuso, che ha governato gli assetti mafiosi della provincia, riuscendo anche a ricomporre le fibrillazioni registrate negli anni tra le varie consorterie. Oltre al ruolo di polo di riferimento dell’ampia rete delle strutture ‘ndranghetiste vibonesi, è chiaramente emersa anche la rilevanza della cosca Mancuso a livello extraprovinciale, dimostrata sia dagli attuali e strutturati rapporti, finalizzati al mutuo soccorso ed allo scambio di favori criminali, instaurati, tra gli altri, con i De Stefano di Reggio Calabria e i Piromalli di Gioia Tauro, sia dai rapporti intrattenuti con esponenti di cosa nostra, risalenti all’epoca pre-stragista.
“E’ la più grande operazione dopo il maxi processo di Palermo”, l’ha definita il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri.“Abbiamo disarticolato completamente le cosche della provincia di Vibo – ha aggiunto – ma ha interessato tutte le regioni d’Italia, dalle Alpi alla Sicilia”.