Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata.
Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».
Siamo alla prima domenica di Avvento, questo significa che fra quattro settimane è Natale, significa pure che inizia la preparazione dei regali, delle cene, delle giocate con gli amici… inizia la solita battaglia sui presepi e sulla nazionalità di Gesù: gente che si offende perché un’anziana Signora ebrea si è azzardata a dire che colui che per noi è Figlio di Dio era ebreo. Questo ed altro fa parte della preparazione al natale, poi c’è un’altra preparazione ad un altro Natale, quello dell’Ebreo Gesù, figlio di Dio, nato in terra di Palestina, venuto a redimere ogni uomo, ma proprio tutti, basta essere disponibili ad essere salvati (peccatori e prostitute insegnano).
Gesù, ogni giorno viene in maniera umile e silenziosa su ogni altare del mondo in un pezzo di pane e un po’ di vino, a volte sotto gli occhi distratti o assuefatti di noi che celebriamo per abitudine e poco amore, verrà alla fine dei tempi in maniera definitiva.
Per evitare di festeggiare o meglio attendere un natale che riempie la pancia ma certamente non il cuore e la mente, abbiamo assoluto bisogno di fermarci, almeno qualche minuto, di guardare dove stiamo andando, di trovare un filo a cui appendere come dei panni, tutte le nostre vicende e come sentinelle guardare verso il Sole nascente, Cristo Gesù per cambiare rotta e convertirci seriamente.
Il rischio è quello di emulare quegli uomini che al tempo di Noè mangiavano e bevevano… e non si accorsero di nulla. Mi pare che non sia cambiato un granché!
L’avvento è un tempo per poter svegliarci e accorgerci di ciò che avviene attorno a noi. Un periodo di attesa e attendere è l’infinito del verbo amare. Le donne come Maria, la mamma di Gesù sono maestre nel sapere attendere la vita. Questo è il tempo della vita che nasce che mette i germogli. Sta a noi ad aprire gli occhi per guardare in alto e più lontano. Il vangelo di oggi è l’antidoto alla paura: paura del proprio simile. Paura del vicino di casa. Di chi mette in discussione, cioè, i nostri consolidati sistemi di tranquillità, se non di egemonia. Paura dello zingaro, dell’africano, dello straniero… Paura dell’altro. Paura del diverso. Dopo duemila anni di cristianesimo, siamo ancora veramente incapaci di accoglienze evangeliche. Come ai tempi di Noè anche noi ci accorgiamo di chi vive con noi sotto lo stesso tetto e magari vive situazioni difficili. Non sappiamo riconoscere Gesù il suo volto nei cento naufraghi a Lampedusa, nel volto di questo pianeta depredato, del popolo siriano e dei popoli del Sud America dove regna la violenza e la guerra. Il vero diluvio è vivere senza considerare il volto dell’altro, non sapere riconoscere Cristo che viene a bussare alla porta della nostro cuore. Vivere senza accorgersi dei bambini vittime di violenza, di fame, di abusi, di abbandono; delle donne violate, comprate, vendute; degli esiliati, dei profughi, dei migranti in cerca di sopravvivenza e dignità; dei carcerati nelle infinite carceri del mondo, degli ammalati, dei lavoratori precari, senza garanzia e speranza, derubati del loro futuro; è essere ciechi e succubi dell’egoismo e dell’autoreferenzialissimo ed entrare nella trappola fabbricata a pennello dai fabbricanti di paura.
Dio è discreto, modesto, quasi timido, non impone la sua presenza. A noi è chiesto di spalancare il cuore, di aprire gli occhi, di vincere le paure e di lasciar emergere il desiderio di incontrarlo. Facciamo qualcosa, qualunque cosa anche piccola che possa rendere la dignità all’altro, che possa ridonargli il sorriso, per chiederci se Cristo è nato in noi, per non lasciarci travolgere dal diluvio di parole che ci vengono catapultate da falsi profeti, ma prepariamoci al Natale ascoltando e vivendo la Parola per accogliere il Dio dei poveri, il Dio che viene per gli emarginati, gli esclusi del tempo, il Dio che non nasce nel Tempio di Gerusalemme, ma nella grotta di Betlemme da una famiglia ebrea in terra di Palestina…
Viviamo quindi l’Avvento riconoscendo la venuta del Signore negli scarti di questa società e nel proclamare: “prima gli ultimi”.