Nell’ambito della giornata di protesta nazionale, con iniziative in 100 città italiane “Noi non ci fermiamo! Rilanciare il settore delle costruzioni per rilanciare il paese”, a Messina si è svolto un presidio di lavoratori edili, una cui delegazione è stata ricevuta dal signor Prefetto unitamente ai segretari generali provinciali della Feneal Uil, Filca Cisl e Fillea Cgil, Pasquale De Vardo, Giuseppe Famiano, Enzo Cocivera.
“A Messina – scrivono in una nota i segretari delle tre categorie – la crisi del settore delle costruzioni (edilizia, lapidei, laterizi, marmo, legno) ha raggiunto cifre impressionanti, dal 2008 ad oggi si è registrato un calo di oltre 15.000 lavoratori.
Solo per il settore edile i posti di lavoro che si sono persi negli ultimi dieci anni sono circa 10.000, come dimostrano i dati della Cassa Edile di Messina che certificano in maniera evidente la crisi. Anche le gare degli appalti pubblici sono diminuite del 50%
Ancora una volta viene confermato il preoccupante calo degli operai, delle imprese e la perdita della massa salari.
Nel 2008:
Le imprese edili attive erano 2.835, 5.786 cantieri, quasi 14. 000 operai, 103 milioni di retribuzioni;
Nel 2017:
1.862 imprese attive, 5.485 cantieri, 6.947 operai, 47 milioni e trecentomila euro di retribuzioni
Nel 2018:
1.695 imprese attive, 4.871 cantieri, 6.283 lavoratori, 43 milioni di retribuzioni. Le imprese si sono ridotte di oltre il 40 per cento, i lavoratori occupati si sono più che dimezzati, con la conseguente riduzione del numero dei cantieri attivi in provincia e dei salari denunciati e corrisposti.
I dati del primo semestre del 2019 confermano il perdurare della crisi, con il contestuale calo degli addetti, dei cantieri e delle retribuzioni.
La polverizzazione dei pochi cantieri rimasti in attività – aggiungono De Vardo, Famiano e Cocivera – ha inoltre determinato un calo della qualità del lavoro, con l’aumento degli infortuni, a cominciare da quelli mortali e l’incremento del lavoro nero ed irregolare, che nel settore è stimato ad oltre il 40%, quasi un lavoratore su due.
A fronte di questa drammatica situazione occorre riaprire i cantieri, sbloccare le grandi e piccole opere, mettere in sicurezza gli edifici pubblici, prioritariamente le scuole dal rischio sismico, incentivare le ristrutturazioni ed il risparmio energetico.
Occorre avviare, urgentemente, tutte le opere già finanziate da tempo: ci sono 22 opere appaltate per oltre 37milioni di euro che sono ferme.
Progetti esecutivi di opere già finanziate per la messa in sicurezza degli edifici scolastici per 110 milioni.
Venti progetti esecutivi da 33 milioni di euro per il dissesto idrogeologico.
83 milioni già finanziati dal CIPE nel 2012 per la realizzazione dei depuratori.
Per non parlare di opere iniziate e ferme, 36 incompiute in tutta la provincia, con sperpero di denaro pubblico senza che la collettività ne usufruisca.
Feneal Uil, Filca Cisl, e Fillea Cgil, hanno chiesto la costituzione di un tavolo dell’edilizia, coordinato dalla Prefettura, con tutti gli Enti Appaltanti, le Organizzazioni Sindacali e Datoriali, al fine di superare i ritardi, intoppi burocratici per procedere con speditezza all’avvio delle opere, dando concrete risposte occupazionali ai tantissimi lavoratori disoccupati. “Bisogna affrettarsi – concludono De Vardo, Famiano e Cocivera – in vista dell’approssimarsi della scadenza del 2021, perché le risorse destinate ai progetti che sono stati rimodulati per il Patto per Messina e Patto per il Sud, di circa 800 milioni di euro, non sfumino nel nulla”.
Le rivendicazioni dei sindacati delle costruzioni, investono anche il governo nazionale e regionale. Allo Stato, i sindacati, chiedono: una vera politica industriale che produca maggiore occupazione, più stabile, sicura e ben pagata; una riforma previdenziale che permetta l’uscita anticipata dei lavoratori impegnati in attività gravose, come gli edili e i lavoratori delle costruzioni; il contrasto al lavoro nero e alla elusione; una riforma fiscale che riduca le tasse ai lavoratori; una riforma del codice degli appalti che torni a privilegiare l’offerta economicamente più vantaggiosa e riduca il subappalto.
Fillea, Filca e Feneal, quindi, chiamano in causa anche le istituzioni regionali, ai quali sollecitano una interlocuzione e un confronto continuo e diretto, tra tutti i soggetti coinvolti, le diverse stazioni appaltanti (Regione, Rfi, Anas, Cas, etc.), le imprese, i lavoratori e le comunità interessate.