di Frà Giuseppe Maggiore – Dal Vangelo secondo Luca In quel tempo, Gesù entrò nella città di Gèrico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zacchèo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là. Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!». Ma Zacchèo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto». Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».
Basta uno sguardo, basta incrociarlo ed è fatta! Lo stesso sguardo che il giovane ricco non ha saputo cogliere, che Giuda ha evitato, lo stesso sguardo che ha fatto capire a Pietro di essere amato e di avere un’altra possibilità nonostante egli avesse rinnegato il Maestro. Uno sguardo bello, pieno di dolcezza, di tenerezza, pieno di amore vero, capace di cambiarti la vita.
Zaccheo probabilmente di Gerico, di statura bassa, sia morale che fisica, amico degli stranieri, esattore delle tasse, ricco sfondato che faceva la cresta sul denaro pagato dai suoi connazionali ai romani, insomma un peccatore pubblico da evitare, non gli mancava nulla, aveva tutto, ma era solo. Aveva un vuoto dentro che non riusciva a colmare con nulla.
Come il ricco epulone anch’egli vestiva di bisso e porpora, banchettava lautamente, forse per non sentire la solitudine organizzava feste, viaggi, sicuramente aveva il più bel cavallo della città… ma sappiamo che la solitudine è una brutta bestia, che se non la riempi di qualcosa di vero rimarrai sempre un terreno arido, senz’acqua. Ed ecco che a Gerico arriva un personaggio famoso, considerato dai farisei e dagli scribi un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori, uno che si lascia toccare dalle prostitute, dai lebbrosi, dai pagani e dagli stranieri, che non osserva la legge di Mosè… Come fare per vedere quest’uomo tanto amato dalle folle e tanto odiato dalle autorità religiose e politiche di Israele, lui che è basso? Sicuramente la folla lo avrebbe travolto.
Sale su un albero di sicomoro, che appartiene alla famiglia dei fichi, non si vergogna, non gli importa se lo prenderanno in giro, tanto è abituato alle chiacchiere della gente: l’unico obiettivo è vedere Gesù. Gesù passa ed alza lo sguardo, lo chiama per nome, Zaccheo, che ironia della sorte significa puro. Il piccolo uomo, si sente amato, si sente considerato, si sente chiamato per nome con un tono di tenerezza… di amore, un tono forse usato dalla sua mamma, ma poi non più sentito. Poi la sorpresa: devo fermarmi a casa tua; Dio davanti all’uomo emarginato, davanti all’escluso si ferma. Gesù è il buon Samaritano che a differenza del sacerdote e del levita non passa oltre, ma si occupa e si preoccupa dell’uomo che è lasciato solo. Gesù non ha paura delle chiacchiere della gente, non usa la prudenza che avremmo usato noi, egli ama così tanto l’essere umano che prende ogni tipo di iniziativa senza pretendere nulla. Non scende a patti con Zaccheo, non gli dice io vengo a casa tua se tu mi prometti che preghi, che non rubi più, che vai in sinagoga o al tempio, che osservi i comandamenti ecc. Niente di tutto questo. Zaccheo coglie quello sguardo mai visto, fa entrare quello strano Rabbi nella sua casa, accoglie la proposta che dà lì a poco gli avrebbe cambiato totalmente la vita. I risultati di quello sguardo sono stravolgenti: “Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto”. Incontrare un uomo come Gesù fa credere nell’uomo; incontrare un amore senza condizioni fa amare; incontrare un Dio che non fa prediche ma si fa amico, fa rinascere. (Ronchi)
Zaccheo non si sente giudicato, Gesù non gli ha indicato gli sbagli da lui commessi, non ha puntato il dito o alzato la voce, non gli ha rinfacciato nulla, ma lo ha semplicemente guardato dritto negli occhi amandolo, chiedendogli l’amicizia, offrendogli concretamente la sua. Gli ha dato confidenza, gli ha mostrato umanità, quella che oggi manca, a tal punto da rimanere seduti ed astenersi nel votare una legge contro il razzismo o a gioire per chi è annegato in mare. Eppure Gesù continua a passare per le nostre città, per i nostri quartieri: a volte è fermo ai semafori, altre volte è alla stazione, sotto i portici o a casa con ognuno di noi, o negli ospedali. È anche lì in strada, che piange perché gli hanno ucciso i genitori, gli hanno violentato la madre o la sorella… sta lì a guardarti, sperando che tu incroci quello sguardo, che tu lo faccia entrare nel tuo cuore… che tu possa restituire i doni che Egli stesso ti ha fatto. Nonostante il nostro egoismo, Dio continua ad amarci non per i nostri meriti, ma perché siamo figli, perché siamo semplicemente essere umani.
Guardandoci dal basso spera che scendiamo dai nostri piedistalli per poter essere come lui… meno padreterni e più umani.