Si trova nel carcere di Gazzi una ex insegnante di religione di 59 anni, M.D., originaria di Reggio Calabria ma residente da anni a Messina, dopo che il Gip del tribunale di Reggio Calabria ha emesso un ‘ordinanza di custodia cautelare nei suoi confronti.
La donna è accusata di circonvenzione ai danni di sei vittime psicologicamente deboli e incapaci di autodeterminarsi poiché avevano alle spalle un vissuto difficile. Era molto nota sia in Calabria che in Sicilia perché aveva reso disponibili diversi immobili ed era una assidua frequentatrice di opere caritatevoli, mense dei poveri, chiese, soggiorni della Caritas e case di riposo.
La misura cautelare personale eseguita rappresenta l’epilogo di articolate e complesse investigazioni, anche di natura tecnica, coordinate dal procuratore di Reggio Calabria, Gerardo Dominijanni, e dirette dai sostituti Roberto Di Palma e Angelo Gaglioti, e condotte dalla Compagnia della Guardia di Finanza di Reggio Calabria. La donna, facendosi scudo della sua professione e delle sue abitudini, era solita avvicinare e irretire persone psicologicamente deboli e incapaci di autodeterminarsi, spesso aventi alle spalle anche un vissuto difficile, al fine di sottrarre loro i propri beni.
L’indagine è scattata a seguito della denuncia presentata da un quarantenne reggino che denunciava di essere stato raggirato da alcuni parenti nel tentativo di sottrargli l’eredità lasciatagli dei genitori. Una denuncia che presentava alcune anomalie per i finanzieri reggini insospettiti soprattutto dal fatto che la firma dell’uomo sembrava incerta come quella dei bimbi delle elementari mentre la denuncia nei confronti dei parenti era scritta con cura e precisione. Da qui una serie di sopralluoghi, appostamenti e testimonianze raccolte numerosi soggetti ma anche analisi di dispositivi elettronici, accertamenti bancari e perizie psichiatriche hanno consentito di chiudere il cerchio su un quadro completamente diverso da quello denunciato inizialmente.
Nell’ambito delle attività investigative sono stati disposti anche perquisizioni personali e domiciliari durante le quali, in una casa fatiscente a Messina, inondata di rifiuti di ogni tipo, in evidente stato di abbandono e in pessime condizioni igienico-sanitarie, erano “detenuti” sia un’anziana donna messinese in precarie condizioni di salute anche di natura psichiatrica, sia un soggetto reggino – originario “denunciante” –, entrambi incapaci di autodeterminarsi e, successivamente, affidati ai servizi sociali, previo intervento del servizio medico del 118.
Indagini articolate dunque che hanno permesso di scoprire un modus operandi ormai ben consolidato da parte della donna che si impadroniva del patrimonio mobiliare e immobiliare delle vittime (quantificato in svariate decine di migliaia di euro di valore complessivo), nonché del loro denaro e di ogni loro oggetto di valore, attraverso l’indotta sottoscrizione di Procure Speciali, testamenti e deleghe ad operare su conti correnti in suo favore. La donna faceva ricorso anche a rituali e pratiche esoteriche, come emergeva da evidenze testuali e oggetti in cui si imbattevano i militari operanti nel corso della perquisizione.
In particolare, i finanzieri hanno trovato documenti con le istruzioni per praticare riti magici per rimuovere le vibrazioni negativa dalla casa, una “corazza di protezione” con simbologia del settore, un “captatore tri-sensor”, nonché un talismano che assicurerebbe protezione duratura.
La “mano di Fatima” e la “corazza di protezione” risultano in età moderna utilizzate come oggetti apotropaici (ossia atti o oggetti atti ad allontanare gli influssi maligni), mentre il “captatore tri-sensor”, metterebbe a disposizione del suo possessore delle virtù magiche. Le credenze e i rituali magico – esoterici consentivano alla 59enne di incidere in modo suggestivo ed ancora più penetrante sulla già debole psiche delle vittime, aggravando ulteriormente il processo di creazione di un forte ascendente sulle stesse, ai limiti dell’instaurazione di una vera e propria forma di dipendenza.
La gravità del quadro indiziario raccolto, nonché l’attualità della pericolosità delle condotte poste in essere dalla donna, hanno spinto i militari operanti a ritenere sussistente la necessità di proporre l’attivazione del canale delle misure cautelari.