di Fra Giuseppe Maggiore – Occhi luminosi e gioiosi, sorrisi e abbracci fraterni ieri sera fra i francescani di Messina, che si sono incontrati nel Monastero delle Sorelle Povere di Santa Chiara, in Via XXIV Maggio. D’altronde Francesco d’Assisi lo aveva anche scritto nella sua regola:” E ovunque sono e si troveranno i frati, si mostrino familiari tra loro”.
Ogni anno il 3 ottobre tutti gli appartenenti alla grande famiglia francescana della città si incontrano nel luogo dove visse Santa Eustochia e dove ancora oggi vivono le Sorelle Clarisse, per celebrare il Beato Transito del Serafico Padre San Francesco. Un momento che riunisce tutti nelle gioia e nella fraternità tanto cara al Poverello d’Assisi.
Tre le tappe della celebrazione: un primo momento per ricordare l’incontro di Francesco con il Crocifisso bizantino siriano della scuola di Sozio di Spoleto, nella chiesetta di San Damiano; un secondo momento per riflettere sulla bellezza della fraternità e il momento dell’impressione delle stimmate sul monte della Verna; e infine il transito di Francesco, nella prospettiva della resurrezione.
A celebrare un Uomo che ha permesso a Dio di fare irruzione nella sua vita, nella sua storia, e di coinvolgere milioni di altri uomini lungo i secoli, c’erano i giovani della Gifra, le Fraternità dell’Ordine Francescano Secolare delle varie realtà messinesi, diversi gruppi scout, associazioni, suore di spiritualità francescana e simpatizzanti del Santo di Assisi.
Presenti oltre alle figlie di Santa Chiara anche i diversi figli di Francesco: i Frati Minori del Santuario di Lourdes, i Frati Cappuccini del Santuario di Pompei, i Frati Conventuali e i Frati del Terz’ordine Regolare di Sant’Andrea Avellino.
A presiedere la celebrazione il rettore del Santuario Nostra Signora di Lourdes, Fra Domenico Gulioso collaborato dai Frati Professi Temporanei dei Frati Minori di Sicilia che hanno curato la liturgia e i canti coinvolgendo l’assemblea, trascinata dalla melodia e dal fascino dei canti francescani.
Il messaggio forte ci viene da ciò che Francesco d’Assisi continua ad essere in un mondo dove sembra che l’individualismo vinca sulla fraternità. “Quella fraternità intesa come fermento– come scriveva il francescano Leclerc– un fermento portatore di speranza per tutta l’umanità. La fraternità francescana, quella che ci comunica Francesco con la sua esperienza, attinge la sua esistenza, la sua pazienza, la sua forza, dallo sguardo misericordioso di Dio sull’uomo.”
L’esperienza di dialogo che Francesco ha con il Sultano d’ Egitto, è un dialogo che ha come punto di partenza la fraternità. Francesco dialoga in oriente come dialoga a Gubbio avendo chiaro il suo essere figlio di Dio che è Padre di ogni essere umano. Francesco dialoga con ogni umana creatura perché ama il Creatore. Quando ciascuno assume nel rapporto con gli altri uno sguardo non giudicante, compassionevole, assume l’atteggiamento di Cristo Povero e Crocifisso che allargando le braccia da la possibilità di ricominciare a chiunque, basti ricordare l’episodio dei ladroni di monte casale. Francesco d’Assisi ha fatto questo in ogni momento della sua povera e gioiosa esistenza.
Alla fine della celebrazione i Frati guardiani, cioè responsabili delle varie fraternità, hanno benedetto ad uno ad uno i fedeli con la benedizione che San Francesco diede a frate Leone, tutto all’insegna e a laude di un folle che ha saputo accogliere ogni uomo senza guardare la religione o lo stato sociale o il peccato ma che ha saputo vedere in esso l’immagine viva di Cristo povero e Crocifisso, lo stesso che incontrò quel giorno a San Damiano e che impresse il sigillo della Passione nella sua carne.
Celebrare la festa del Patrono d’Italia non è patriottismo ma è fede, una fede che sa imitare le gesta evangeliche di un innamorato folle di Cristo, Francesco di Assisi.