di Palmira Mancuso – Tre anni fa la giornata del rifugiato l’ho trascorsa a bordo di Aquarius. Con i miei compagni di SOS MEDITERRANEE Italia feci anche io la mia barchetta di carta per rendere omaggio agli oltre 10 mila migranti morti in mare. Oggi questa nave non c’è più, e si continua a morire senza testimoni. E i testimoni che restano sono quelli sopravvissuti ai naufragi: come l’ultimo avvenuto ieri che riferisce la guardia costiera spagnola, con almeno 22 migranti dispersi nel Mediterraneo dopo che il barcone sul quale tentavano di raggiungere l’Europa dal Nord Africa ha avuto un’avaria. Il soccorso marittimo spagnolo ha precisato di essere stato allertato da un traghetto che aveva tratto in salvo 27 persone. Sei dei 27 migranti salvati, tra i quali una ragazzina, sono stati evacuati in elicottero per motivi di salute.
Mi è capitato in questi anni di parlare della mia esperienza a bordo, di quegli sguardi incrociati che in pochi attimi trasformano l’anima: dal terrore, alla consapevolezza che la tua vita è salva perchè qualcuno ti ha allungato una mano. E poi i pochi giorni di permanenza a bordo, quanto basta per ritornare umani: quasi increduli che qualcuno possa sorriderti mentre ti porge da mangiare, dopo mesi e mesi di torture nell’inferno libico che per la propaganda salviniana non esiste.
E’ con dolore ed amarezza che oggi ripenso a come il mio paese si sia trasformato da culla del diritto a negazionista, diffondendo notizie false solo per creare un clima di sospetto e odio che possa giustificare nell’opinione pubblica la criminalizzazione delle ong nate per volontà della società civile (come Sos Mediterranee) che per rispondere all’emergenza umanitaria in corso, si era organizzata per fornire aiuti già in mare.
Più volte siamo scesi in piazza e continueremo a farlo per spiegare che la politica dei porti chiusi non serve a niente. Oggi Carlotta Sami, portavoce italiana dell’Unhcr ribadisce che «la riduzione degli arrivi via mare in Italia di quasi il 90% non può essere considerata un successo, se non si trova una soluzione alla causa delle partenze» e ricorda l’appello dell’Alto Commissariato: «È necessario che venga ristabilito un meccanismo di soccorso nel Mediterraneo. Perché il tasso di mortalità è molto aumentato, da uno ogni 29 migranti arrivati del 2017 a uno ogni sei del 2018».
Ma i rifugiati non sono solo quelli più disperati tra gli ultimi, quelli che arrivano dal mare come carne da macello: su 70,8 milioni di persone in fuga nel 2018, 25,9 sono i rifugiati (500mila in più del 2017), 41,3 sfollati interni, 3,5 milioni i richiedenti asilo. E la cifra è stimata per difetto, considerato che la crisi in Venezuela è solo in parte compresa in questa cifra. In tutto, 4 milioni di venezuelani hanno lasciato il proprio Paese, ma solo mezzo milione di loro ha presentato domanda d’asilo e tra loro potrebbero esserci anche molti italiani, considerato che in Venezuela ce ne sono almeno 130mila.
In questa giornata di tenerezza e rabbia il mio pensiero è per quelli che siamo riusciti a salvare dal mare, che possano essere testimoni di una storia che si tenta di cancellare. Non vi abbiamo dimenticato, e non possiamo dimenticare chi non ce l’ha fatta, chi sta ancora lottando per il diritto alla dignità umana che viene quotidianamente calpestata, che siamo vittime o carnefici, o utili idioti di un sistema che sta facendo della paura l’unica arma di consenso e di controllo sociale.
Oggi tornerò a bordo di Aquarius attraverso le foto di Grazia Bucca che saranno esposte al Circolo ARCI Thomas Sankara in occasione della festa organizzata per la #giornatadelrifugiato: un momento di gioia e musica con i rifugiati che vivono a Messina. #whitrefugees #stayhuman#refugeesday2019