Teatro Clan Off: “Il rasoio di Occam”, economia del genere umano

Di Clarissa Comunale – Nella disputa degli universali dell’epoca medievale, Guglielmo di Ockham (e non Occam), rappresenta uno dei pensatori più interessanti per aver anticipato molti caratteri propri dell’empirismo inglese dell’età moderna: primo fra tutti l’aver individuato l’origine della conoscenza nell’esperienza e l’aver inteso il concetto di universalità sganciato dalla stretta realtà delle cose, ma fortemente connesso al significato che le cose stesse hanno. Ockham, però, è meglio conosciuto per la “teoria del rasoio”, che ci introduce all’economia della logica: è preferibile un percorso semplice da uno difficile, eliminando tutto ciò che è superfluo.
Il rasoio di Occam, nel testo di Giusi Arimatea e Giovanni Maria Currò, chiude un’altra stagione del Clan Off, con una prima produzione nazionale del Clan degli Attori. In scena un barbiere, Tanino – interpretato dal bravissimo Mauro Failla – si appresta ad iniziare una consueta giornata lavorativa nel suo salone. Rasoio, pettine, schiuma e buona musica popolare accolgono uno dei suoi clienti più affezionati, un professore (Tino Calabrò), al quale Tanino è solito chiedere chiarimenti sui fatti che stavano accadendo: il terrorismo delle Brigate Rosse, la lotta alla mafia di Peppino Impastato, le mosse ambigue dello Stato italiano. Sono gli anni ’70, quelli della paura, ove su tutta la penisola scorre ancora sangue. Come si può amare ancora, nonostante la violenza? È la domanda che Tanino si pone mentre rende liscio il volto del professore, compiendo la sua “missione” di eliminare il superfluo con il suo rasoio. La cultura, che viene impartita sui banchi di scuola, non è sufficiente a dare un’esatta spiegazione di cos’è la vita, troppo complicata, controversa e contraddittoria. È un ladro (Alessio Bonaffini), facendo irruzione nel salone, a sconvolgere la tranquilla mattinata di Tanino. Quel ladro, che non è un brigatista, prova a nascondersi dopo una mal riuscita rapina in una banca. L’ironia ed il paradosso, quindi, si mischiano alle vicende delle vite dei tre personaggi, che si ritrovano a condividere momenti di paura e di pura leggerezza.
È il 9 maggio 1978, giorno dell’assassinio di Aldo Moro e Peppino Impastato, e anche alla radio della salone arriva l’annuncio della strage. Se, da una parte, la cultura popolare ha il merito di affrontare la vita con spensieratezza traendo insegnamento dai proverbi e dalle canzoni de I Collage o di Julio Iglesias, la cultura accademica, dall’altra, si rifugia tra i libri di Morselli o di Buzzati. Unico comune denominatore è il dolore, segno umano universale che inchioda all’immobilità: l’incapacità di nuotare in mare, amare una donna o rimboccarsi le maniche. Non resta che straripare per vivere e impadronirsi di quella libertà che per Ockham è puro arbitrio di indifferenza.

Il rasoio di Occam

PRIMA NAZIONALE

di Giusi Arimatea e G.M. Currò
con Alessio Bonaffini, Tino Calabrò e Mauro Failla
voci di Antonio Alveario, Ivan Giambirtone ed Elisabeth Agrillo
scenografie e scenotecnica Franco Currò
aiuto regia Giusi Arimatea
costumi Liliana Pispisa
audio e suoni Carmelo Galletta
grafica Cinzia Muscolino
editing video Fabio Cacia
foto di scena Giuseppe Contarini
ufficio stampa Elisabetta Reale
regia Giovanni Maria Currò
Una produzione CLAN DEGLI ATTORI

Partecipa alla discussione. Commenta l'articolo su Messinaora.it