Cottarelli ad Unime: “ecco i sette peccati capitali dell’economia italiana”

Ieri pomeriggio, l’Aula Magna del Rettorato ha ospitato la presentazione del volume “I sette peccati capitali dell’economia italiana” del prof. Carlo Cottarelli, economista ed editorialista. Alla presenza dell’autore, sono intervenuti il Rettore, prof. Salvatore Cuzzocrea, ed il Prorettore Vicario, prof. Giovanni Moschella. L’incontro è stato presentato dal dott. Giacomo D’Arrigo, Presidente Comitato Fondazione di Partecipazione Erasmo.

Prima dell’inizio dei lavori, è stato osservato un minuto di raccoglimento per la tragica scomparsa di Margherita Rosso, studentessa di Ingegneria civile dell’Ateneo peloritano.

Attraverso il volume, il prof. Cottarelli analizza i sette peccati capitali che hanno bloccato, sin qui, la crescita economica in Italia, ovvero evasione fiscale, corruzione, eccesso di burocrazia, lentezza della giustizia civile, crollo demografico, divario tra Nord e Sud, difficoltà a convivere con l’euro. L’autore, però, guarda al futuro con consapevole fiducia e con un monito in particolare: “è necessario per il Paese far parte dell’Euro”.

“Nel corso di questo mese – ha detto il Rettore – sono state previste svariate iniziative che hanno lo scopo e la volontà di favorire il dialogo ed il confronto con personaggi importanti della società. Nell’ottica di una sempre maggiore apertura al territorio italiano, ringrazio il prof. Cottarelli per essere qui oggi, di fronte ad una vasta platea. Tecnici come lui sono fonte di ispirazione per il continuo miglioramento del nostro Ateneo e per il bene degli studenti, che rappresentano il nostro cuore pulsante”.

“Aver letto il libro – ha dichiarato il prof. Moschella – con uno sguardo personale da non economista, mi ha permesso di comprendere quanto importante può essere il ruolo dei tecnici e degli intellettuali nel nostro Paese. Sono contento che in Aula vi siano molti studenti, perché la riflessione non solo economica del volume è una concreta testimonianza di passione civile e forte senso delle istituzioni a cui i giovani devono tendere. L’Università, in questo senso, ha anche il compito di creare una capacità critica, anche anticonformistica, e di approfondimento ben dimostrata dall’analisi del prof. Cottarelli. Questo libro andrebbe letto all’interno delle Università e delle scuole”.

“Tranne che negli anni delle Guerre Mondiali – ha commentato Cottarelli – non vi erano mai stati 20 anni in cui il potere d’acquisto degli italiani non avesse registrato sostanziali miglioramenti. Nell’ultimo ventennio non è stato così e, da qui, è partita la mia analisi che mi ha condotto ad evidenziare i sette peccati capitali dell’economia italiana. Il primo è l’evasione fiscale, i cui dati parlano chiaro; viene evaso il 26% dell’IVA. Peggio di noi, solo, Romania e Grecia. Se fosse stata di un solo ottavo più bassa, oggi, avremmo lo stesso debito pubblico della Germania. Il secondo peccato è la corruzione, le cui classifiche ci relegano al 51° posto nel mondo; ciò significa che 50 Paesi la combattono meglio di noi. Tutto ciò ha grossi effetti sull’economia, causando perdite statali. L’eccesso della burocrazia è il terzo peccato capitale; ci sono troppe regole, troppi passaggi, una modulistica esagerata e costi eccessivi. Anche in questo caso circa 50 Paesi fanno meglio di noi. Troppa burocrazia fa male alle imprese, riducendo la loro competitività e scoraggiando gli investimenti. Successivamente c’è la lentezza della giustizia civile, basti pensare che, in media, i processi che arrivano fino alla Cassazione, in Italia durano più di 7 anni. In termini di paragone, in  Germania la media è di 2 anni ed in Polonia di 1,2 anni. Al quinto posto c’è il crollo demografico che indubbiamente ha effetti economici rilevanti. Fino agli anni anni Sessanta la media era di due figli e mezzo a famiglia, dopo 15 anni il dato si è abbassato ad 1,4 figli ed oggi ad 1,32; tutto questo è stato determinato da cambiamenti sociali ed ha modificato, al ribasso, il mercato del lavoro. Il divario Nord-Sud è il sesto peccato capitale; si tratta di un divario aperto dal 1880 e acuitosi nel tempo. Al Sud il reddito medio rispetto al resto del Paese è di circa il 58% in meno. Le due aree prioritarie di intervento al Sud dovrebbero essere il capitale umano e, cioè, le scuole e il funzionamento della pubblica amministrazione, dove, a parte alcune eccellenze, il divario con il Nord è ampio”. La difficile convivenza con l’Euro è, invece, dovuta ad i costi di produzione che negli anni sono via via aumentati, portando anche al fallimento di numerose aziende. Questo problema c’era anche in precedenza, ma veniva risolto con la svalutazione della Lira, ma con la moneta unica il nostro Paese ha gestito malamente i costi del passaggio monetario. Guardo con fiducia al futuro e risolti i primi sei peccati, l’Euro non rappresenterà più una difficoltà”.

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